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atto quinto | 203 |
te. Giura, per quel qualunque Dio che adori, di conservare la vita al mio fanciullo, di alimentarlo e di educarlo, o nulla ti rivelerò.
Luc. Ebbene, pel mio Dio, ti giuro che farò quanto desideri.
Aar. Sappi dunque anzitutto ch’io m’ebbi questo fanciullo dall’imperatrice.
Luc. Oh donna impura, e d’insaziabile libidine!
Aar. Attendi, Lucio; questa non fu che un’azione pia in paragone di quelle che udirai. Furono i suoi due figli che trucidarono Bassanio; furono essi che tagliarono la lingua a tua sorella, che le fecer violenza e la disonorarono, mutilandola quindi come la vedesti.
Luc. Oh scellerati! Barbari inconcepibilmente nefandi! Simili ei sono a te.
Aar. Io fui infatti il loro maestro, e gl’istruii. È dalla loro madre che ebbero in retaggio la lascivia, e quanto alla loro anima sanguinaria credo che modellata l’abbiano sopra la mia. Le mie opere parlino per me, e attestino quello che valgo; io additai a’ tuoi fratelli quella fossa insidiosa dove giaceva il corpo di Bassanio; io scrissi quella lettera che tuo padre trovò, ed io nascosi l’oro e la lettera coll’assentimento della regina e de’ figli suoi. E che si è egli fatto, di cui tu abbia gemuto, in cui io non ponessi la parte mia di malvagità? Ho deluso tuo padre per privarlo di una mano, e dopo ciò son dipartito per prorompere in risa che non potevano cessare. Io l’ho mirato non visto allorchè in ricompensa della sua mano, ha ricevute le teste de’ suoi figli; ed ho contemplate le sue lagrime con tanta serenità, che i miei occhi pure ne han versate per diletto. Quando poscia ho narrato tutto ciò all’imperatrice, ell’è quasi svenuta di piacere, e mi ha compensato delle mie novelle con venti baci.
1° Goto. Come puoi tu ripetere tali opere atroci senza arrossire?
Aar. Arrossisco come un mastin nero, come suol dirsi.
Luc. Non hai tu rimorso di sì odiose azioni?
Aar. Sì, ma è di non averne commesse mille di più. Ed anche in questo momento io maledico i giorni (e credo siano pochi) in cui nella mia vita non ho fatto qualche gran male; in cui non ho ucciso un uomo, o non ne ho tramata la morte; in cui non ho violata una fanciulla o non ho accusato un innocente; nel quale non ho sparso un odio mortale fra due amici, o non ho spinto a deviare l’armento di un povero pastore, per farlo quindi cadere lui stesso in qualche precipizio; nel quale non ho incendiato