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10 il re lear

drita, m’avete amata. In ricambio v’offro tutti i sentimenti, tutta la riconoscenza che il dovere m’impone; vi sono sottomessa, vi amo, veracemente vi rispetto. Ma perchè le mie sorelle si disposano esse, se dicono che in voi solo è riposto ogni loro affetto? Forse quando io salirò al talamo offrirò al mio consorte colla mia fede una metà delle mie cure, della mia tenerezza, de’ miei doveri; che non mai mi accoppierò come le mie sorelle, per lasciare in mio padre tutto il mio amore.

Lear. Ciò che dici è in conformità col tuo cuore?

Cord. Sì, mio buon padre.

Lear. Sì giovine, e sì poco affettuosa?

Cord. Sì giovine e sì schietta, milord.

Lear. Sia pure; ma la schiettezza sola sia dunque la tua dote; poichè, pei sacri raggi di questo sole, pei tenebrosi misteri di Ecate e della notte, per tutte le influenze di quei globi celesti, per cui continuiamo o cessiamo di esistere, io abiuro qui tutti i miei paterni sentimenti, rompo ogni vincolo di natura e di sangue, e ti dichiaro per sempre straniera a me ed al mio cuore. Il barbaro Scita, o il feroce antropofago che sazia la propria fame divorando i figli che ha procreati, troverà da me maggior pietà e affezione che tu trovar non ne potresti, tu un tempo mia figlia.

Kent. Mio buon sovrano...

Lear. Tacetevi, Kent! Non v’interponete fra il drago e la sua collera. Io l’amava teneramente, e sperava in lei il riposo della mia vecchia età. Esci; togliti dal mio sguardo (a Cord.); e così mi sia la tomba un asilo di pace, come vero è che da lei in questo istante ritiro il mio cuore di padre. — Venga il re di Francia... Olà!... venga il Borgognone. — Voi, Cornovaglia e Albanìa, dividete fra di voi la terza parte, e sia essa aggiunta alla dote delle altre mie due figlie. L’orgoglio, che costei vorrebbe farci credere ingenuità, le tenga vece di sposo; e in voi due sole risieda il poter mio, la mia sovranità, e tutti i privilegi che vanno uniti al trono. Noi, e cento cavalieri che presso di me riserbo, e che mantenuti saranno coi vostri stipendi, noi vivremo alternativamente alle vostre due corti, cangiando ogni mese soggiorno dall’una all’altra. Non ritengo per me che il nome di re, e gli onori che vi sono congiunti; l’autorità, i redditi, l’amministrazione del regno son vostre, figli miei; e per convalidare questa cessione, prendete il mio diadema, e dividetelo. (dando loro la corona)

Kent. Augusto Lear, che sempre onorai qual re, che sempre amai qual padre, che seguii sempre come signore; voi, a cui