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198 | tito andronico |
per aver amministrata una giustizia imparziale? Voi lo sapete, signori, come lo sanno gli Dei, che, quali che si siano le calunnie di cui i perturbatori della nostra pace assordano le orecchie del popolo, nulla si è fatto che le leggi non richiedessero, e colle forme dell’equità contro i temerari figli del vecchio Andronico. Ora, perchè i suoi dolori gli han turbata la mente, dovremo noi essere bersaglio della sua vendetta e degli eccessi della sua collera? Egli sempre invoca il cielo perchè lo vendichi. Mirate; ecco una supplica a Giove, una a Mercurio, una ad Apollo, una al Dio della guerra; mirabili dimande in vero perchè si spandano per le vie di Roma! Qual è lo intento di queste beffarde preghiere, se non di diffamare il Senato, e di degradarne col rimprovero dell’ingiustizia? Non è questo un vago scherno, signori? Come s’ei volesse dire che non v’è giustizia in Roma! Ma s’io vivo, la sua simulata demenza non gli servirà di scudo contro la vendetta che maturo. Egli ed i suoi apprenderanno che la giustizia vive in Saturnino; e se ella dorme, il suo insolente procedere la risveglierà tanto, che nel furor suo ella abbatterà il cospiratore più impudente.
Tam. Mio amabile sovrano, mio caro Saturnino, signore della mia vita, re di tutti i miei pensieri, calmatevi e sopportate le colpe di Tito, che effetti sono del dolore che causato gli ha la perdita de’ suoi generosi figli, la cui morte aprì nel suo cuore una piaga profonda. Abbiate pietà del suo stato infelice piuttostochè inveire per questi insulti contro il più debole e più onesto uomo di Roma. (a parte) Si addice alla astuta Tamora il piaggiarli tutti. Ma, Tito, io ti ho toccato al vivo, e tutto il tuo sangue sgorgherà. Se Aaron è ora savio, l’àncora è in porto. (entra il villico) Che vuoi, amico? Desideri parlarne?
Il villico. Sì, se voi siete la Maestà Imperiale.
Tam. Imperatrice io sono; ed ecco l’imperatore.
Il villico. È lui che voglio. — Dio e santo Stefano vi facciano felice. Vi ho recato una lettera e un paio di colombe.
Sat. (dopo aver letta la lettera) Sia costui preso e venga tosto appiccato.
Il villico. Quanto danaro avrò?
Tam. Via, miserabile, tu devi essere appiccato.
Il villico. Appiccato! per la vergine! ho dunque condotto qui il mio collo ad un bel termine! (esce fra le guardie)
Sat. Oltraggio sopra oltraggio. Fino a quando patirò io tante scelleratezze? So di dove procede questa lettera; e ciò è insopportabile. Direbbesi che i traditori suoi figli, che la legge