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atto quarto 195

di radici; ti farò allattare da una capra, e albergare in una caverna: e ti educherò perchè divenga un guerriero e comandar possa un esercito.      (esce)

SCENA III.

La stessa. — Una piazza pubblica.

Entrano Tito con alcune freccie su cui sono parole inscritte, Marco, il fanciullo Lucio ed altri con archi in mano.

Tit. Vieni, Marco, vieni; amici, quest’è la via. Su via, fanciullo, vediamo la tua perìzia nel maneggiar l’arco: tu suoli colpire nel bersaglio, e non verrai meno in questa prova. Terras Astraea reliquit. Ricordatevelo bene, Marco. Ella è partita, è partita, signore; pensate alle vostre incumbenze. Voi, cugino, andrete a veder l’Oceano, e vi getterete i vostri ami. Forse troverete la giustizia in fondo al mare, sebbene poca ve ne sia così in mare, come in terra. No, Publio e Sempronio, convien che ciò facciate; siete voi che dovete scavare colla vanga nel centro profondo della terra, e giunti che siate alla regione di Pluto, vi prego di dirgli per me che fu per dimandare giustizia e implorar soccorso che a lui siamo andati; che vi manda il vecchio Andronico oppresso dai dolori, e gemente nel seno dell’ingrata Roma. — Oh Roma! io ho fatta la tua sventura quel dì che ho riuniti i suffragi del popolo sul tiranno che ora così mi flagella. Ite, partite, e, ve ne prego, siate ben attenti tutti a non lasciare un solo vascello di guerra, senza farvi le debite indagini, perocchè quell’empio imperatore potrebbe aver fatto salpare, per allontanarla di qui, la giustizia, e allora la chiameremmo e la cercheremmo lungamente invano.

Mar. Oh Publio, non è doloroso il vedere il tuo nobile zio in tali accessi di demenza!

Pub. È perciò che ne interessa molto il non lasciarlo, e il vegliare sopra di lui giorno e notte, adoprando il più dolcemente che potremo colla sua follia, fino a che il tempo arrechi qualche sollievo a’ suoi mali.

Mar. Cugini, i suoi dolori sono al disopra d’ogni rimedio. Uniamoci ai Goti, e dichiariamo una guerra esterminatrice a Roma, per punirla della sua ingratitudine e abbattere il traditore Saturnino.

Tit. Ebbene, Publio? L’avete incontrata?

Pub. No, signore, ma Plutone manda a dirvi che se volete