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168 tito andronico

Va a configgere questa lama nel fodero, fino a che imparato abbi a trattarla meglio.

Chir. Intanto con quella poca perizia che possiedo, tu conoscerai fin dove si estenda il mio coraggio.

Dem. Sei tu divenuto tanto prode? (sguainano le spade)

Aar. Ebbene, signori? Osate voi snudare le spade, a sì piccola distanza dal palazzo dell’imperatore, e porvi insieme in disperata contesa? Io ben conosco la sorgente di tale animosità; nè vorrei per un tesoro che fosse nota a quelli cui più interessa; nè per ogni prezzo del mondo che la vostra illustre madre fosse così disonorata nella corte di Roma. — Per vergogna, riponete le armi.

Dem. Non io, prima che immersa non l’abbia nel suo petto, o fatto non gli abbia disdire le ingiuste parole, che con mio disonore ha profferite.

Chir. E risoluto del pari io sono. Un vile, un codardo è colui che tuona colla lingua, e col braccio non osa nulla compiere.

Aar. Via, dico. — Per gli Dei che i guerrieri goti adorano, un’insensata contesa ne condurrà in rovina. — Signori, non sapete quanto è periglioso il discutere i diritti di un principe? Lavinia è forse sì negletta, o Bassanio sì corrotto, che possiate muovere tali risse per l’amore di lei, senza affrontare tremendi ostacoli e feroci vendette? Giovani, siate cauti! Se l’imperatrice sapesse la cagione di tal discordia, sdegnata ne sarebbe.

Chir. Non mi cale ch’essa la sappia, non che tutto il mondo; io amo Lavinia più dell’universo.

Dem. Fanciullo, impara a scegliere più umilmente: Lavinia è la speranza del tuo maggior fratello.

Aar. Siete voi insensati? fingete ignorare come avvampino di furiosa gelosia questi Romani? Io ve lo dico, principi, voi vi esporrete a certa morte con tal pazzo amore.

Chir. Mille morti, Aaron, affronterei per possedere quella che io amo.

Aar. Per possederla! E come?

Dem. A che tanta meraviglia? Ella è una donna, e può essere amoreggiata; è una donna, e può esser vinta; è Lavinia, e deve essere amata. Ite, ite; scorre più acqua pel mulino che non ne vegga il mugnaio, e ben sappiamo quanto facile sia il levare una tegola dal tetto senza che niuno se ne accorga. Sebbene Bassanio sia fratello dell’imperatore, uomini da più di lui han portate l’emblema di Vulcano.

Aar. (a parte) Sì, anche uomini grandi come Saturnino potrebbero portarlo.