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bisogna aver meraviglia di nulla in una foresta abitata dalle Fate. Oberon, re de’ Silfi, vuol calmare gli affanni di quattro amanti sventurati ed impiega uno Spirito inferiore, il quale inviluppa ogni cosa distribuendo i filtri a controsenso. Nasce allora una confusione di gelosie, di sdegni, di impeti, a cui solamente Oberon può metter fine; ciò che da ultimo fa di buon grado. Egli si mostra più maligno verso Titania, la regina sua sposa, poichè l’innamora di un cattivo attor tragico chiamato Bottom, al quale ha imposta una testa di ciuco. Dal che si vede che il poeta si compiace nell’accozzare il fantastico col volgare, cosa che costituisce l’essenza del genere grottesco. La metamorfosi di questo Bottom è una metafora presa nel senso letterale. Ma lo stupore che a lui reca la grande ammirazione che ispira alla regina, allorchè, oltre al conoscere la propria stolidezza, sente d’avere per giunta una testa di giumento; tale stupore, dico, è la cosa più comica del mondo. Teseo ed Ipolita non sono in questo dramma che una superba cornice: essi rappresentano soltanto il loro grado, ma lo fanno con molta pompa; ed il romoroso arrivo del greco eroe e dell’amazzone che attraversano la foresta con gran codazzo di cacciatori, produce sopra l’imaginazione l’effetto della luce del mattino quand’ella dissipa le visioni notturne. Non è senza ragione che il poeta ha scelta l’avventura di Piramo e Tisbe pel soggetto della tragedia degli artieri, perocchè essa è in armonia colla parte grave del dramma stesso. In fatti vi si vede egualmente il ritrovo che si danno due amanti in una foresta, ed i fatali errori prodotti da una sorte avversa; e una ridicola imitazione rende la fine dello spettacolo lieta come una parodìa».
(Schlegel, Corso di lett. dramm.)