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atto quinto 145

amabile muro, mostrami qualche crepatura fra cui possa penetrare il mio occhio. (il Muro apre le dita) Grazie, cortese muro: Giove ti protegga per questo servigio! Ma che veggo io! Non alcuna Tisbe io veggo. Oh infernal mura attraverso di cui non iscorgo la mia felicità: dannate vadano le tue pietre per avermi così ingannato».

Tes. La muraglia essendo sensibile, parmi che dovesse rispondergli come va.

Pir. No, in verità, signore, essa nol dovrebbe. — Per avermi così ingannato son le parole dietro cui vien la risposta di Tisbe: ella deve entrar ora, ed io debbo riguardarla a traverso del muro. Vedrete che tutto accadrà come vi ho detto. — Eccola. (entra Tisbe)

Tis. «Oh muro, tu hai spesso udito i miei gemiti dividendo così il mio Piramo da me: le mie labbra di ciliegia hanno spesso baciate le tue pietre intonacate tutte di calcina e di gesso».

Pir. «Veggo una voce: vuo’ accostarmi alla crepatura per mirare se posso intendere il volto della mia Tisbe. Tisbe!»

Tis. «Mio amore! Tu sei il mio amore, io credo».

Pir. «Credi quel che vuoi, sono la grazia del tuo amante, e come Limandro ti sarò sempre fedele».

Tis. «Ed io come Elena lo sarò finchè i fati mi uccidano».

Pir. «Non Saffalo o Procri fu così costante».

Tis. «Come Saffalo a Procri io sarò a te».

Pir. «Oh dammi un amplesso a traverso il pertugio di questa vile muraglia».

Tis. «Io bacio il pertugio della muraglia, e non le tue labbra».

Pir. «Mi vuoi venire a veder tosto alla tomba di Ninny?»

Tis. «In vita e in morte ci verrò senza indugio».

Il muro. Io muraglia sono al termine della mia parte, ed essendo essa finita, ecco in qual guisa un muro se ne va. (esce la Muraglia con Piramo e Tisbe)

Tes. Ora è dunque atterrato l’argine che separava i due vicini.

Dem. Non vi è alcun riparo, mio principe, allorchè i muri son così pronti per udire senza pure badare.

Ip. Questa è la maggiore stoltezza ch’io mai intendessi.

Tes. La migliore di coteste rappresentazioni non è che illusione, e la peggiore non sarebbe tale se l’immaginazione volesse abbellirla.

Ip. Sarà dunque la vostra immaginazione che assumerà l’ufficio, e non la loro.

Tes. Se la nostra mente non pensa più male di essi che non ne