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142 il sogno di una notte d’estate

queste tre lunghe ore, che trascorrer debbono fra la cena e l’istante che n’ha a condurre al letto nuziale? Dov’è l’intendente a cui spetta il presiedere ai nostri sollazzi? Quali diporti sono apparecchiati? Non v’è alcuna commedia per alleviarci la noia suscitata dai nostri desiderii? Chiamate Filostrato.

Fil. Son qui, potente Teseo.

Tes. Diteci qual dramma intendete di far rappresentare in questa lunga sera? Quale festa, quale musica? Come inganneremo noi il tempo se non abbiamo qualche piacere che ci allieti?

Fil. Ecco la serie dei sollazzi ammaniti. Scegliete quello che più vi piace. (dandogli un foglio)

Tes. (leggendo) La battaglia dei Centauri cantata da un eunuco ateniese al suono dell’arpa. No, no; io ne ho già fatto il racconto alla mia amante per gloria del mio parente Ercole. — Il furore delle ebbre Baccanti squarcianti il cantore di Tracia nel loro sdegno. È un tema vecchio; e il vidi eseguito allorchè ritornai da Tebe vincitore. — Le nove Muse piangenti la morte della Scienza, sepolta da ultimo in estrema povertà. Sarà qualche critica, qualche satira mordente, e non si addice ad una festa di nozze. — Una stucchevole e breve scena del giovine Piramo colla sua amata Tisbe: azione tragico-comica! Tragico-comica! Breve e stucchevole! È come dire caldo-ghiaccio e neve-scura. Come troveremo l’accordo fra questi contrarii?

Fil. È questo un dramma, signore, lungo appena dieci parole, e nondimeno troppo lungo e perciò troppo noioso: avvegnachè in tutto esso non vi sia una parola a suo luogo, nè un solo attore idoneo alla sua parte; ed è poi tragico, mio principe, perchè Piramo si uccide in fine dà sè; ciò che mi ha fatto versar lagrime, allorchè l’ho visto, ma lagrime più gaie che non ne abbia mai sparse la più sentita allegrezza.

Tes. Chi sono gli attori?

Fil. Rozzi artieri dalle mani callose che lavorano in Atene, ma che mai prima d’ora non han mostrato alcun ingegno: essi oggi han voluto assumere la rappresentazione di questo dramma per celebrare le vostre nozze.

Tes. Vogliamo vederli.

Fil. No, mio nobile duca, non son degni che li ascoltiate; gli ho intesi a lungo, e non valgono nulla, a meno che non troviate qualche diporto nella loro intenzione e nei loro sforzi, veggendoli tormentarsi per piacere a Vostra Altezza.

Tes. Vuo’ udire questo dramma: tutto ciò che è offerto dalla