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140 il sogno di una notte d’estate


Flut. S’ei non torna, il dramma non si fa, non è così?

Quin. Sì, certo, è impossibile; non v’è niun altro in Atene che possa far da Piramo, fuori di lui.

Flut. È il più bell’ingegno fra gli artieri ateniesi.

Quin, Sì, e il più vago uomo ancora, dotato della più vaga voce.

Flut. Dovreste dire senza paragone, dir che è vago è dir poco.

(entra Snug)

Snug. Amici, il duca ritorna dal tempio, e vi son con lui altre due o tre coppie di sposi; se il nostro dramma fosse stato pronto, la nostra sorte era assicurata.

Flut. Oh il dolce bovino Bottom, ecco in qual guisa ha perduto sei soldi di reddito per tutta la vita: sei soldi al certo ogni dì non gli sarebbero più mancati: se il duca non gli avesse accordata una pensione di sei soldi al giorno per recitare il Piramo, vuo’ essere appeso. Ed egli li avrebbe ben meritati: sì, sei soldi al giorno, o nulla per la parte di Piramo.     (entra Bottom)

Bot. Dove sono gli amici? Dove sono questi amabili cuori?

Quinz. Bottom! Oh magnanimo giorno! Oh felicissima ora!

Bot. Amici, vi narrerò alte meraviglie: ma non mi chiedete quali sono: perchè se ve ne dico, penserete ch’io non sia un vero ateniese. Vi narrerò ogni cosa come è esattamente accaduta.

Quin. Udiamo, caro Bottom.

Bott. Non intenderete una parola da me. Tutto quello ch’io vuo’ dirvi è che il duca ha desinato. Vestitevi, radetevi, ugnetevi, ite senza indugi al palazzo; ognuno pensi alla sua parte; perocchè alla breve e alla lunga il nostro dramma è il divertimento preferito. In ogni caso Tisbe abbi i panni tersi; quegli che fa da leone, non si roda le unghie, perocchè sembrar debbono artigli. Poi, miei dolci attori, non mangiate nè aglio nè cipolla, perchè ci è forza di possedere un fiato dolce, e avute tutte queste cautele, son sicuro che la nostra commedia troverà buon accoglimento. Non più parole, andiamo.     (escono)