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atto quarto 137

adagiati questi dormienti. Ora siamo amici, e dimani a mezzanotte compiremo danze solenni e trionfali nel palazzo del duca Teseo, e la sua illustre casa benedetta da noi si riempirà di una fortunata e bella figliuolanza. Là in pari tempo si uniranno tutte queste coppie di fidi amatori, e la festa diverrà generale.

Puck. Re delle Fate, porgi l’orecchio in silenzio; odo la lodola mattutina.

Ob. Su, mia regina, con grave silenzio seguitiamo danzando le ombre della notte. Noi possiam fare il giro del globo con passo più rapido dell’errante luna.

Tit. Tieni, mio sposo; e lungo la via narrami come accadde che questa notte trovata mi abbi qui dormiente sulla nuda terra con questi mortali. (escono, suoni di corni lontani; entrano Teseo, Ipolita, Egeo e seguito)

Tes. Ite qualcuno in traccia del custode di queste foreste, perchè la nostra cerimonia è finita, e finchè il crepuscolo dura, l’amata mia ascolterà il concerto de’ miei mastini. — Scioglieteli nella valle: ite, affrettatevi, dico, e trovate la guardia. Noi saliremo la montagna accompagnati dai latrati dei veltri e dagli echi che li ripetono.

Ip. Me ne stetti un tempo con Ercole e Cadmo allorchè cacciavano l’orso in una foresta di Creta con cani di Sparta: non mai intesi suoni tali. Oltre gli echi dei boschi, quelli dell’aria, delle fontane, di tutti i luoghi della convalle, parevano confondersi e non facevano che un suono solo. Non mai sentii tanta dissonanza musicale armonizzarsi in voce più aggradevole all’orecchio.

Tes. I miei cani son di razza lacedemona, di larga gola e lievemente screziati. Le loro teste portano lunghe orecchie che spazzano la rugiada del mattino: le loro gambe son curve come quelle dei tori di Tessaglia: lenti a inseguire ma melodiosi nelle voci come squille persiane. Non mai ululi più canori furono tramandati da corni in Creta, in Sparta, o in Tessaglia. Giudicatene allorchè udirete. — Ma fermiamoci; che ninfe son quelle?

Eg. Mio principe, quest’è mia figlia qui addormentata: vi è anche Lisandro, Demetrio ed Elena, la figlia del vecchio Nedar. Stupisco trovandoli tutti uniti in questo luogo.

Tes. Certo si saranno alzati coll’alba per venire a celebrare il maggio; e istrutti del nostro intento ci avran qui preceduti per onorarci. — Ma parla, Egeo: non è questo il giorno in cui Ermia doveva dare una risposta per la sua scelta?

Eg. Sì, mio signore.