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atto terzo | 127 |
spremi il tuo succo nell’occhio suo! Allorchè ei cercherà la sua amante, splenda essa ai suoi sguardi col medesimo fulgore con cui Venere brilla nel cielo. Se al tuo svegliarti ella ti è vicina, intercedi da lei la tua guarigione». (rientra Puck)
Puck. Capitano della nostra banda fatata, Elena è presso, e il giovine vittima del mio fallo, la supplica del guiderdone dell’amore. Vedrem noi la scena dei loro errori? Quanto pazzi, o mio re, sono i mortali.
Ob. Ritratti: il romor ch’essi fanno sveglierà Demetrio.
Puck. Ebbene, saranno in due allora a vagheggiare una femmina. La scena diverrà lieta, e nulla più mi piace di codesti accidenti strani e impreveduti. (entrano Lisandro ed Elena)
Lis. Perchè credere ch’io vi schernisca? Non mai lo scherno si manifesta colle lagrime, e voi vedete che quando vi giuro amore, io piango: i giuramenti nati fra i pianti hanno ogni aspetto di sincerità. Come potete voi vedere segni di disprezzo in atti evidenti di tenerezza e di fede?
El. Voi vi piacete ognor più nel vostro perfido disegno. Allorchè la verità uccide la verità il combattimento è infernale e celeste. Codeste proteste son dirette ad Ermia: volete voi dunque abbandonarla? Pesate giuramento contro giuramento, e nullo sarà il peso. Le vostre dichiarazioni per lei e per me poste nella bilancia si contemperano e lievi sono, come vani racconti.
Lis. Io non aveva senno quando giurava a lei di amarla.
El. Nè più ne avete ora che volete distorvene.
Lis. Demetrio l’ama ed egli non ama voi.
Dem. (svegliandosi) Oh! Elena, dea, ninfa, perfetta, sovrumana! A che potrei, o amante mia, paragonare il tuo occhio? Il cristallo non è che fango. Oh! qual vezzo sulle labbra tue! Vermiglie come ciliegie mature, esse chiamano i baci! Allorchè tu sollevi la tua bella mano, la neve bianca e pura congelata sulle cime del Tauro, e sfiorata dai venti orientali, nera rassembra come la piuma del corvo. Oh! permetti ch’io baci quella meraviglia di candore che può accordar sola una vera felicità!
El. Oh! malizia d’inferno! Veggo bene che congiurati tutti siete contro di me per farvi giuoco delle mie sventure: se onesti foste e bennati, non vi piacereste tanto in tribolarmi. Non vi basta l’abborrirmi, come so che fate, senza collegarvi insieme per ingiuriarmi? Se uomini foste come ne avete la forma, non adoprereste così con una povera fanciulla. Giurarmi amore, amplificare la mia bellezza allorchè son certa che mi odiate! Siete entrambi rivali, amanti d’Ermia, ed entrambi gareggiate a chi più