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126 | il sogno di una notte d’estate |
uccidete, sia così lucido, così puro come è Venere laggiù nella sua gloriosa sfera.
Er. Che importa ciò al mio Lisandro? Dove è egli? Ah! buon Demetrio, rendimelo.
Dem. Vorrei piuttosto dare il suo cadavere a’ miei cani.
Er. Lungi da me, lupo feroce; lungi da me. Tu l’hai dunque ucciso? Sii per sempre cancellato dal libro degli uomini! Oh! dimmi, dimmi una volta sola la verità, per pietà di me! Hai tu osato cogli occhi aperti guardarlo dormiente e sgozzarlo fra il sonno? Oh nobile opera! Un serpe, il più vil rettile ne poteva fare altrettanto. Sì; fu un serpe che commise tale opera: perocchè non mai vipera punse con dardo più avvelenato del tuo, rettile mostruoso.
Dem. Voi mi offendete ingiustamente. Io non ho versato il sangue di Lisandro, e per ciò che posso saperne ei non è morto.
Er. Ah! ditemi, ditemi dunque, ve ne scongiuro, ch’ei vive e che bene sta.
Dem. Se vel dicessi che cosa otterrei?
Er. Il privilegio di mai più rivedermi. — Io fuggo dalla tua abbonita presenza; tu pensa ad evitarmi, sia egli morto o vivo. (esce)
Dem. È inutile il seguirla in tale accesso di sdegno. Mi riposerò dunque qui alcuni istanti. Oh quanto più grave diviene il peso del dolore, allorchè il perfido sonno non vuol pagargli il suo debito! ma forse in questo istante ei lo sconterà almeno per alcune ore, se qui mi fermo in attenzione della sua compiacenza. (si corica)
Ob. Che hai tu fatto? Hai errato, e ponesti il filtro sugli occhi di un amante fedele. L’effetto del tuo errore è di mutare un amor sincero in un amor perfido, e non un perfido affetto in un sincero.
Puck. È il destino che governa gli eventi, e che fa che, per un amante che osserva la sua fede, mille altri la violano, comulando spergiuro sopra spergiuro.
Ob. Va, percorri il bosco più celere del vento, e vedi di scoprire Elena di Atene: ell’è malata d’amore, e pallida, sfinita per gli ardenti sospiri, che tolta hanno al suo sangue ogni freschezza. Cerca di condurla qui con qualche incantesimo, che io ammanerò gli occhi del giovine ch’essa ama, prima che gli comparisca dinanzi.
Puck. Vado, vado; osserva come io corro più celere di una freccia scoccata da arco tartaro. (esce)
Ob. «Fiore del color di porpora, forato dall’arco di Cupido,