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118 il sogno di una notte d’estate


El. Oh! avrai tu cuore di abbandonarmi fra queste tenebre? No, per pietà!

Dem. Rimanvi poichè ci venisti: solo voglio andarmene. (esce)

El. Oh! non ho più lena pel troppo inseguirlo, e invano. Più lo prego, e meno ottengo. Ermia è felice dovunque ella si trovi; perocchè ella ha occhi celesti che a sè lo attirano. Oh! come mai i suoi occhi sono divenuti così lucidi? Non sarà per le lagrime sparse: perocchè se ciò fosse i miei dovrebbero esserlo più dei suoi, che di più ne hanno versate. No, no; io sono di una laidezza spaventosa; perocchè anche le belve di questi boschi che m’incontrano fuggono atterrite. Maraviglia non è quindi se Demetrio che è un mostro selvaggio fugge del pari la mia presenza. Quale specchio indegno e mendace è il mio per avermi mostrata a’ miei sguardi di una beltà comparabile a quella di Ermia? Ma chi è costà? Lisandro steso per terra! È egli morto o assopito? Non veggo sangue nè piaghe. — Lisandro, se sei vivo, buon Lisandro, svegliati.

Lis. (svegliandosi) E attraverserò le fiamme per amore di te, amica mia, vaghissima Elena! La natura mostra la sua arte e la sua potenza facendomi vedere il tuo cuore traverso al tuo seno. Dov’è Demetrio? Oh! come questo vil nome accenna bene l’uomo che perir deve per la mia spada.

El. Non parlate così, Lisandro; non vi arrestate a questa idea; che vi cale se egli ama la vostra Ermia? Che ve ne cale? Ermia non ama che voi, onde siate pago.

Lis. Pago con Ermia? no; mi pento degli istanti incresciosi che ho passati con lei. Non è Ermia, è Elena ch’io amo. Chi non cambierebbe un nero corvo in una candida colomba? La volontà dell’uomo è retta dalla ragione, e la mia ragione mi dice che voi siete la più degna di essere amata. Le piante che crescono ancora non sono mature, come matura non era la mia ragione infino a questo dì: ma ora che perfetti son divenuti i miei sensi, ora la ragione diviene guida e sostegno della mia volontà. Essa mi conduce dinanzi ai vostri begli occhi, in cui leggo i sentimenti più teneri, scritti nel più ricco libro dell’amore.

El. Perchè sono io nata per dover esser bersaglio di così amara ironia? Quando mi son io meritata per parte vostra tali dispregi? Non basta dunque, giovine, ch’io non abbia potuto, ch’io non possa aver dritto ad un dolce sguardo di Demetrio, senza che voi dobbiate ancora insultare alla mia sventura? In fede io vi dico, che voi mi fate oltraggio; sì, voi mi offendete vagheggiandomi in modo sì sprezzante! Ite, siate felice, sebben debba