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atto primo | 107 |
SCENA II.
Una capanna.
Entarono Snug, Bottom, Flute, Snout, Quinzio e Starveling.
Quin. È qui tutta la brigata?
Bot. Fareste meglio a chiamarli ad uno ad uno, come sta scritto.
Quin. Ecco la pergamena dei nomi di coloro che son creduti idonei da tutta Atene a recitare nel nostro intermedio, dinanzi al duca e alla duchessa, nel giorno delle loro nozze.
Bot. Prima di tutto, buon Pietro Quinzio, diteci il soggetto della rappresentazione; quindi leggete il nome degli attori; poi distribuite le parti.
Quin. In verità la nostra rappresentazione è la dolorosissima e crudelissima morte di Piramo e Tisbe.
Bot. Un capo-lavoro, ve ne fo fede, e ben allegro. — Ora, buon Pietro Quinzio, chiamate gli attori per ordine. Messeri, in fila.
Quin. Rispondete com’io chiamo. Nick Bottom, tessitore.
Bot. Presente; dite qual parte ho da compiere, e procedete.
Quin. Voi, Nick, dovete far da Piramo.
Bot. Chi è questo Piramo? Un amante o un tiranno?
Quin. Un amante che si uccide da sè molto nobilmente per amore.
Bot. Tal parte richiederà lagrime nell’esecuzione. Se son io che la fo, l’uditorio badi a’ suoi occhi; susciterò tempeste cogli alti miei gemiti. — Nondimeno le mie parti forti sono quelle dei tiranni; e l’Ercole furibondo, allorchè sbrana un gatto, è quella che meglio mista:
«Treman gli scogli, |
Sublime! sublime! — Nominate ora gli altri attori. — Quell’era la possa d’Ercole, la possa di un tiranno: il tuono di un amante dev’essere più flebile.