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atto primo | 105 |
Er. Mio buon Lisandro, io ti giuro per l’arco più forte di Cupido, per la più sicura delle sue quadrelle dorate, pel dolce candore delle colombe di Venere, pei nodi secreti che incatenano le anime, e fanno prosperare gli amori; pei fuochi di cui arse la regina di Cartagine, allorchè vide il perfido Troiano fuggente a piene vele; per tutti i giuramenti che gli uomini han violati, giuramenti più numerosi che noi sian mai stati i voti delle femmine; ti giuro che nel luogo che mi hai indicato dimani certamente ti raggiungerò.
Lis. Mantieni la tua promessa, mio amore. — Ecco Elena che si avanza. (entra Elena)
Er. Gli Dei vi accompagnino, vaga Elena! Dove andate?
El. Mi chiamate voi vaga? Ah! ritiratevi e separate questa parola dal mio nome. Demetrio ama la vostra bellezza; oh bellezza fortunata! I vostri occhi son l’astro degli amanti; e la dolce melodia della vostra voce lusinga più l’orecchio del pastore che il canto della lodola, allorchè le messi verdeggiano e le rose sbucciano dalle spine. Hannovi malattie contagiose: oh perchè non lo è del pari la beltà! Io vi rapirei la vostra prima di lasciarvi. Il mio orecchio si insignorirebbe della vostra voce, i miei occhi dei vostri sguardi, e la mia lingua del dolce vostro accento. Se l’universo fosse mio, tutto, eccetto Demetrio, io vel darei per adornarmi dei vostri vezzi! Ah! insegnatemi la magia dei vostri occhi, e con qual’arte voi governate i moti del cuor di Demetrio.
Er. Non vibro mai su di lui che uno sguardo di cruccio, e nondimeno ei mi ama sempre.
El. Oh! se il mio sorriso potesse far la fortunata impressione che produce il vostro occhio minaccioso!
Er. Io lo maledico, ed ei mi rende amore per maledizione.
El. Oh! se le mie preghiere potessero svegliare in lui egual tenerezza!
Er. Più io l’odio, e più ei mi segue.
El. Più io l’amo, e più ei mi odia.
Er. La sua folle passione, Elena, non è colpa mia.
El. No, è colpa della vostra beltà. Così fosse mio un tal fallo.
Er. Consolatevi, ei non vedrà più il mio volto. Lisandro ed io vogliamo fuggir da questa città. Atene, prima che io mirassi Lisandro, mi sembrava un paradiso: qual sortilegio vi è dunque nel mio amante per aver così mutato il mio cielo in inferno!
Lis. Elena, noi vogliamo aprirvi le nostre anime. Dimani, durante la notte, allorchè Febea specchierà l’argenteo suo volto