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atto primo | 103 |
l’assisa delle vestali, ad esser per sempre chiusa nell’ombra di una solitudine per vivervi sterilmente la vita, cantando pallidi inni all’insensibile e fredda Diana. Fortunate quelle che possono vincere tanto i loro appetiti da sostenere quel solitario pellegrinaggio! ma più fortunata è ancora sulla terra la rosa raccolta, che l’altra che appassendosi sulla sua vergine spina, cresce, vegeta e muore isolata in una trista e gelida tranquillità!
Er. Così voglio io crescere, così viver e così morire, mio principe, prima che assoggettarmi all’impero di un uomo, di cui abborro portare il giogo, e di cui il mio cuore non acconsente a riconoscere la sovranità.
Tes. Prendete tempo per riflettere; e alla prossima luna, giorno fermato fra la mia amante e me per un vincolo perpetuo, in quel giorno stesso preparatevi a morire per la vostra disobbedienza, od a sposare Demetrio, come vostro padre desidera, o a pronunciare sull’altare di Diana il voto che vi consacra ad una vita austera, e ad una solitudine che non avrà fine.
Dem. Piegatevi, tenera Ermia. E voi, Lisandro, cedete l’impotente vostro titolo ai miei sicuri diritti.
Lis. Demetrio, voi possedete l’amor di suo padre: sposatelo; ma lasciatemi l’amore di Ermia.
Eg. Beffardo, è vero, egli possiede il mio amore, e il mio amore gli farà dono di tutto ciò che gli appartiene: ella è mia, ed io a lui trasmetto tutti i miei diritti.
Lis. Mio principe, io sono di una nascita onorevole come la sua; le mie ricchezze son pari alle sue, e il mio amore è maggiore di quello ch’egli sente: le mie masserizie sono in bel ordine, e vincono quelle di Demetrio; ciò poi che mi fa superiore a lui è l’essere amato dalla bella Ermia. Perchè dunque rimetterei de’ miei diritti? Demetrio, lo proverò con danno della sua testa, ha amoreggiata la figlia di Nedar, Elena, e ne ha sedotto il cuore; la povera tapina è invasa da una passione estrema, e adora e idolatra quest’uomo incostante e perverso.
Tes. Debbo consentire che una tal voce pervenne anche a me, e ch’io aveva intenzione di parlarne a Demetrio. Pieno de’ miei troppi negozi, una tale idea mi uscì dalla mente. Ma venite ora, Demetrio, e voi anche, Egeo: seguitemi. Ho alcune istruzioni particolari a darvi. — Rispetto a voi, bella Ermia, cercate di fare uno sforzo sopra voi medesima onde conformarvi ai voleri di vostro padre, altrimenti la legge d’Atene, che non possiamo addolcire, vi costringe a scegliere fra la morte e una vita solitaria. — Venite, mia cara Ipolita. Come vi sentite, amica mia? Demetrio e