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NOTA



«In quella guisa che Shakspeare ha portato il terrore al suo grado più alto nel Macbeth, così pare che nel Re Lear abbia esaurito i fonti della pietà.

L’attenzione non si dirige sui personaggi che operano, ma sopra quelli che soffrono. Non si parla qui di una sciagura, come son quelle della maggior parte delle tragedie, ove sembra che gl’impensati dardi della fortuna facciano risaltare chi n’è colpito, e belle consolazioni ne accompagnano la ricordanza. Si parla e si descrive quella profonda miseria, che spoglia l’infelice non solo di tutto l’esterno suo splendore, ma eziandio delle sue prerogative naturali, e lo getta in preda all’indigenza e all’abbandono de’ suoi più cari. La nera ingratitudine di due figlie avvilisce nella persona di uno sventurato la triplice dignità di vecchio, di padre, di re. Lear, sedotto da una insensata tenerezza, ha dato quanto possedeva a quelle figlie, le quali gli niegano un asilo; ond’egli è costretto ad andare accattando un tozzo di pane. La sua ragione, indebolita dall’età, si altera interamente, ed è già caduto in una demenza incurabile, quando si vuol ritrarlo da uno stato così abbietto. Le tenere cure d’un’altra sua figlia, e l’affezione di un vecchio amico non possono più nulla sopra di lui: le sue forze morali e fisiche sono spente, nè altro gli resta della vita, che la facoltà di amare e di soffrire. Qual più bel quadro di quello dell’incontro di Lear con Edgardo, nel cuor di una notte procellosa, entro una misera capanna! Edgardo giovinetto cui la perfidia di suo fratello e l’error di suo padre hanno pure precipitato da uno stato illustre, s’invola alla persecuzione ed erra di piaggia in piaggia qual mendico invasato dallo spirito maligno. Il Buffone del re, ad onta del volontario avvilimento che fa supporre il suo stato, è, dopo il conte di Kent, il compagno più fedele e il più saggio consigliere del vecchio monarca; egli nasconde molta ragione e molto cuore sotto l’abito screziato della follia, mentre il generoso Edgardo fa parimente l’insensato; e queste due simulate pazzie lasciano vieppiù risaltare la demenza reale, che va crescendo ad ogni istante nel re, dopo che il suo cuore è stato lacerato dal più terribile affanno. Qual forte perturbazione d’animo non eccita ancora la riunione di Edgardo e di Glocester, dopo che quest’ultimo è stato privato della vista! e quale spettacolo più commovente di questo figlio scacciato, che diventa la scorta di suo padre, e simulando l’ossesso, è il suo angelo custode, e lo preserva dal suicidio a cui lo spingeva la disperazione! Ma chi potrebbe misurar la forza delle situazioni e delle immagini colle quali il poeta, in questa terribile tragedia, scuote la nostr’anima?