Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/104


atto quinto 93

Le vostre figlie più adulte fecersi giustizia da se stesse, e sono morte disperatamente.

Lear. Sì, così credo.

Alb. Ei non sa quel che dica; vano è che gli stiamo dinnanzi.

Edg. Interamente vano.                         (entra un ufficiale)

Uff. Edmondo è morto, milord.

Alb. Avvenimento che non è ora di alcun conto. — Voi lordi e nobili amici, udite i nostri propositi. Tutto che far potremo per alleviare tante feroci sventure, non sarà da noi obbliato; finchè questo canuto avrà vita, in lui solo sarà posto l’assoluto potere. A voi, Edgardo, io rendo tutti i vostri diritti, e vi aggiungerò quelle grazie e quei nuovi onori che avete meritati. Tutti i vostri amici otterran guiderdone alle loro virtù, e i nostri nemici beveran l’amaro calice dovuto alla malvagità loro... Oh vista! oh vista!

Lear. E il mio povero pazzo ancora fu strozzato? No, no, non più vita... Un cane, un cavallo, un topo vivrà; e tu non avrai più alito? Oh! non più tu vivrai, mai più, mai più, mai più, mai più!... (baciando Cordelia) Vi prego, sciogliete il nodo... Grazie, signore... La vedete voi? (accennando Cordelia) Guardatela... guardate... le sue labbra... guardate là, là!...     (muore)

Edg. Ei manca!... milord...

Kent. Spezzati, cuore; te ne prego, spezzati.

Edg. Signore, aprite gli occhi.

Kent. Non fastidite l’ombra sua... lasciatelo morire!... Egli abbonirebbe colui che volesse rattenerlo di più fra le torture di questo mondo doloroso.

Edg. Oh! è spento infatti!

Kent. Fu meraviglia che soffrisse per tanto tempo. Egli usurpava soltanto ora la vita.

Alb. Toglieteli di qui. — La sventura comune chiede i pensieri nostri. Amici dell’anima mia, (a Edg. e a Kent) assumete le cure di questo reame, e tergete il sangue che arrossò questa terra.

Kent. Debbo fare un viaggio fra poco, signore. Il mio re mi chiama, nè mi si addice il rifiutare di seguirlo.

Alb. È d’uopo rassegnarsi alle sventure di questi orribili tempi. Diciamo quel che sentiamo, non quel che dovremmo dire. Il più vecchio che qui stava, patì più di tutti; e noi, che giovani gli sopravvivemmo, non vedrem mai tanti mali, nè tanti giorni.     (escono al suono di marcia funebre)

fine della tragedia.