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atto quarto 351

il mio scettro agli empii Numi e dir loro che questo mondo era per me eguale al loro finchè tolto non mi avevano l’oggetto amato. — Tutto finì. La pazienza è follia..... Il furore ben si addice alla creatura che l’infortunio ha resa insensata, nè delitto è l’avventarsi da sè nel nero baratro della morte prima che la morte a noi venga. — Ebbene, mie donne, che dite? Care compagne, parlatemi, rispondetemi. Tu, Carmiana... mie nobili fanciulle... Ah, amiche, amiche, mirate! la nostra lampada è spenta. — Buoni soldati, rincuoratevi: noi lo seppelliremo: poscia, chiunque è prode, chiunque è generoso compia con noi romanamente l’atto delle anime grandi, onde la morte superbisca prendendoci. — Venite, usciamo; il corpo che racchiudeva quell’alto spirito è ora freddo. Mie donne, mie amiche, venite; altri alleati non ci rimangono che la risoluzione e la morte. (escono le donne trasportando il corpo di Antonio)