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350 antonio e cleopatra

i desiderii degli amanti furono sempre insensati... oh vieni, vieni, vieni; (sollevano Antonio) sii il ben giunto accanto a me; muori dove hai vissuto; i miei baci ti rianimino; avessero le mie labbra tal potere, vorrei logorarle baciandoti.

Tutti. Vista dolorosa!

Ant. Muoio, mia regina, muoio; datemi qualche pozione che mi renda la forza di pronunziare ancora alcune parole.

Cleop. No, lascia parlar me piuttosto; lasciami opprimere la perfida fortuna di rimproveri, onde provocata da me rompa la sua ruota.

Ant. Una parola, dolce regina: assicurate vicino a Cesare il vostro onore e la vostra vita... Ah!

Cleop. Queste due cose non van più insieme.

Ant. Amore, uditemi: di tutti quelli che circondano Cesare, non confidate che in Proculeio.

Cleop. Confiderò nella mia risoluzione e nelle mie mani; non in alcun ministro di Cesare.

Ant. Non gemete, nè vi lagnate del deplorabile cangiamento che trovai nel termine della vita; alleviate piuttosto i vostri pensieri colla ricordanza della mia fortuna passata, di quei tempi di splendore, in cui vissi il più potente, e il più gran re del mondo, e col pensiero che la mia morte non è vergognosa, ch’io non cedei vilmente il mio elmo al mio concittadino, che sono un Romano vinto con onore da un Romano. Ora il mio spirito s’invola... non discerno più.     (muore)

Cleop. Oh il più generoso degli uomini, vuoi tu dunque morire? Non hai più cura di me? Dovrò io abitare questo turpe mondo che per l’assenza tua mi si fa orrendamente increscioso?... Oh vedete, mie donne, il re della terra spirò... Signore!... appassita è la ghirlanda di guerra, il polo del soldato è scomparso... ormai i fanciulli e le giovinette andranno del pari cogli uomini: i prodigii son compiuti e nulla rimane più di grande sotto la vôlta degli astri.     (sviene)

Car. Ah calmatevi, signora!

Iras. Ella ancora è morta la nostra sovrana.

Car. Signora...

Iras. Madonna...

Car. Oh signora, signora, signora!

Iras. Regina d’Egitto, amabile sovrana!

Car. Taci, taci, Iras.

Cleop. No, non sono che una donna, soggetta alle debolezze e alle passioni volgari della più misera plebe. Dovrei ora gettare