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338 | antonio e cleopatra |
attende. Eccoti il bacio di un guerriero: meriterei il tuo disprezzo e i tuoi rimproveri se sperdessi il tempo nel farti addii più lunghi e più studiati; ti lascio come si addice ad un uomo coperto di acciaio. — Voi, che volete combattere, seguitemi dappresso; io vi guiderò alla battaglia. — Addio.
(escono Ant., Ero, ufficiali e soldati)
Car. Volete ritirarvi nelle vostre stanze?
Cleop. Conducimi: ei mi lascia da eroe. Così fra Cesare e lui si potesse decidere in singolar tenzone questa gran guerra! Allora Antonio..... ma invece... ebbene, usciamo. (escono)
SCENA V.
Il campo di Antonio vicino ad Alessandria.
Squillo di trombe. — Entrano Antonio ed Ero; un soldato gl’incontra.
Sol. Gli Dei facciano questo giorno felice per Antonio.
Ant. Vorrei ora aver creduto ai tuoi consigli e alle tue margini per non combattere che in terra.
Sol. Se lo avessi fatto, i re che si son ribellati, e quel guerriero che ti ha abbandonato stamane, seguirebbero ancora i tuoi vessilli.
Ant. Chi è partito stamane?
Sol. Chi? Uno che ti stava sempre presso: chiama ora Enobarbo, e più non ti udirà; o dal campo di Cesare ti griderà: non sono dei tuoi!
Ant. Che dici?
Sol. Signore, egli è con Cesare.
Ero. I suoi bagagli, il suo tesoro, nulla portò seco.
Ant. Ed è partito?
Sol. Non dubitarne.
Ant. Va, Ero, inviagli il suo tesoro; fa quel ch’io dico; non ritenere un obolo, te lo comando: scrivigli (io sottoscriverò) e fagli i miei addii, coi termini più benigni e gentili. Digli che desidero ch’ei non abbia mai più forti ragioni per cangiar signore. — Oh le mie sventure hanno corrotto fino i più onesti — Affrettati, Ero. (escono)