Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/721

ATTO QUARTO




SCENA I.

Il campo di Cesare in Alessandria.

Entrano Cesare, leggendo una lettera, Agrippa, Mecenate, ed altri.

Ces. Fanciullo mi chiama, e mi minaccia come se avesse potenza di cacciarmi d’Egitto? Fece battere colle verghe il mio messaggero e mi sfida a singolar battaglia?... Cesare contro Antonio!!! — Il vecchio libertino sappia che v’hanno molte altre vie per me al morire: frattanto mi rido del suo cartello.

Mec. Cesare debbe conoscere che, personaggio sì alto come è Antonio, non diventa furioso che per disperazione; è una preda stanca, che sta per arrendersi. Non gli date posa: approfittate del suo turbamento: non mai il furore seppe conservarsi o difendersi.

Ces. Annunziate ai nostri valenti ufficiali, che dimani ingaggieremo l’ultima di tante battaglie. Abbiamo nel nostro campo abbastanza disertori del suo esercito, per avvilupparlo e prenderlo. Pensate ad eseguire questo comando, e festeggiate l’esercito. Abbondiamo di vettovaglie, e ha meritato che si tratti con profusione. — Infelice Antonio!

SCENA II.

Alessandria. — Una stanza nel palazzo.

Entrano Antonio, Cleopatra, Enobarbo, Carmiana, Iras, Alexa, ed altri.

Ant. Ei non vuol combatter meco, Domizio?

Enob. No.

Ant. Perchè rifiuta?

Enob. Perchè pensa che essendo venti volte più fortunato di voi, starebbe come venti contr’uno.

Ant. Dimani, soldato, per mare e per terra pugnerò, e o vivrò, o morendo laverò il mio onore offuscato in un sangue che lo farà rivivere. Sei disposto a combattere?