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328 antonio e cleopatra

Cleopatra da Antonio; prodiga le offerte e promettile in mio nome, a piacer tuo, tutto che ti chiederà. Le donne anche in seno alla prosperità non sono difficili a sedursi; ma il bisogno e l’infortunio renderebbero spergiura la più vergine delle Vestali. Adopera tutti i trovati della tua astuzia, Tireo; e se riesci, scegliti da te la ricompensa, che avremo in conto di legge.

Tir. Cesare, vo.

Ces. Osserva come Antonio sopporta la sua sventura; studia le sue azioni, i suoi movimenti, e riferiscimi le tue congetture in proposito.

Tir. Così farò.                                    (escono)

SCENA XI.

Alessandria. — Una stanza nel Palazzo.

Entrano Cleopatra, Enobarbo, Carmiana e Iras.

Cleop. Qual partito, Enobarbo?

Enob. Pensare, e morire.

Cleop. È Antonio, o noi che conviene accusar di tal rotta?

Enob. Antonio solo, che permette alle sue passioni d’esser arbitre del suo senno. Che valeva che foste fuggita compresa dall’orrore d’una sanguinosa battaglia, in cui il terrore passava alternativamente da una flotta all’altra? Perchè vi ha egli seguita? Non era quello il momento di immolare alla voluttà dell’amore i doveri e l’onore di un generale, quando una metà del mondo combatteva l’altra, ed era egli l’oggetto di sì gran contesa. Fu un’onta eguale alla sua perdita il correr dietro alla vostra bandiera e l’abbandonare un navilio che rimase attonito al veder fuggire il proprio capitano.     (entrano Antonio ed Eufronio)

Ant. Fu questa la sua risposta?

Euf. Sì, signore.

Ant. La regina sarà dunque bene accolta, se acconsente ad immolarmi.

Euf. Così disse.

Ant. Vo’ istruirnela. — Al fanciullo Cesare manda questa grigia testa, ed egli colmerà i tuoi desiderii, e ti prodigherà i regni.

Cleop. Quella testa, signore?

Ant. Ritorna a lui, digli che le rose della giovinezza fioriscono sulle sue guancie, che l’universo aspetta da lui opere sopra l’ordinario; digli che sarebbe possibile che il suo oro, i suoi va-