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ATTO TERZO
SCENA I.
Una pianura in Siria.
Entra Ventidio in trionfo con Silio e altri Romani, uffiziali e soldati; innanzi a lui vien recato il cadavere di Pacoro.
Vent. Ora, Parti, tremendi pei vostri dardi, siete vinti; ed io fui quello che la fortuna volle eleggere per vendicatore di Crasso. — Si rechi dinanzi all’esercito il corpo del giovine principe. — Il tuo Pacoro, Orode, esora i mani di Marco.
Sil. Nobile Ventidio, mentre la tua spada fuma ancora del sangue de’ Parti, insegui le loro schiere fuggitive; penetra nella Media, nella Mesopotamia, in tutti i luoghi dove accorrono i loro drappelli sbandati. Allora il tuo generale ti farà salire sul carro del trionfo; e porrà sul tuo capo le ghirlande della vittoria.
Vent. Silio, Silio, abbastanza operai. Ricorda che un soggetto può fare talvolta azione troppo splendida, ed abbi per fermo che è meglio non toccare alla gloria suprema che esporsi per essa al pericolo di una fama troppo grande, quando il duce, sotto il quale serviamo, è lontano. Cesare e Antonio debbono maggior gloria alle opere dei loro ufficiali, che di per loro acquistata non ne abbiano. — Ricorda Sossio; quel guerriero che nella Siria teneva un posto simile al mio, quel generoso luogotenente d’Antonio, per aver accumulate troppo vittorie, e maravigliato il mondo colla rapidità delle sue conquiste, perdè il favore del suo signore. Chiunque compie nella guerra più che al suo generale non sia dato di compiere, s’innalza al disopra di lui, e diventa maggiore del suo capo, a cui l’ambizione, gelosa virtù dei guerrieri, fa preferire una disfatta a una vittoria che ne offuschi la fama. Potrei spingere più oltre le mie conquiste e meritare vieppiù da Antonio; ma tante vittorie lo offenderebbero, nè mi potrebbe perdonare il delitto di averlo troppo ben sussidiato.
Sil. Ventidio, tu possiedi doti, senza le quali non è differenza fra un guerriero e la sua spada. Certo annunzierai tu stesso le tue vittorie ad Antonio.
Vent. Gli significherò umilmente tutto quello che abbiamo compito col suo nome, cosa magica in guerra, e gli dirò come co’ suoi