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atto secondo 309

stringer oggi per sempre la loro amicizia, la strozzerà. Ottavia è casta, e di carattere freddo e riservato.

Mena. E quale è l’uomo che non desidererebbe di avere una sposa di simile carattere?

Enob. Quegli che non ha alcuna di tali qualità, e un sì fatto uomo è appunto Antonio. Ei ritornerà dalla sua bella Egiziana. Allora i sospiri di Ottavia infiammeranno la collera di Cesare, e, come dissi, quello che sembra afforzare la loro amicizia, sarà appunto ciò che la farà finire. Antonio lascierà sempre il suo cuore dove l’ha collocato; ei non disposò qui che le circostanze.

Mena. Può essere. Venite, signore, andiam sulla nave. Mescerò una tazza alla vostra salute.

Enob. L’accetterò di cuore; in Egitto rendemmo esperte al bere le nostre gole.

Mena. Venite: esciamo.                                   (escono)

SCENA VII.

Sul ponte della nave di Pompeo in vicinanza di Miseno.

S’ode musica. — Entrano due o tre domestici recanti vivande per il banchetto.

Dom. E’ si porranno qui, il mio uomo. Ne ho veduto taluno le di cui piante cominciano già ad essere mal radicate; al più piccolo soffio di vento andran per terra.

Dom. Lepido è molto colorito.

Dom. Gli han fatto bere anche la tazza del mendicante.

Dom. Allorchè si scherniscono insieme, egli grida non più; supplicandoli li riconcilia, e mesce.

Dom. Ma s’ei fa nascere la pace fra di loro, dà luogo a una gran guerra fra se stesso e la propria temperanza.

Dom. Questo succede allorchè si mescola il proprio nome a quello di grandi uomini. Più mi piacerebbe aver fra le mani una debile e inutile canna, che uno sterminato brando, che non potessi pure alzare.

Dom. Essere chiamato in un’alta sfera, per mostrarvisi senza azione e moto, è un simigliare a vuote occhiaie che deformano tutto un viso. (Squillo di trombe; entrano Cesare, Antonio, Pompeo, Lepido, Agrippa, Mecenate, Enobarbo, Mena, ed altri ufficiali)

Ant. Così fanno, signore (a Ces.); misurano l’accrescimento