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302 | antonio e cleopatra |
SCENA IV.
Una strada.
Entrano Lepido, Mecenate e Agrippa.
Lep. Alcuna cura non vi rattenga più a lungo, esortate i vostri generali a seguirvi.
Agr. Antonio non chiede che il tempo d’abbracciare Ottavia, e noi partiamo con lui.
Lep. Fino a che non vi rivegga vestiti della vostra armatura, che tanto si confà ad entrambi, altro non vi dirò che addio.
Mec. Partiremo, e se ben conosco la via, arriveremo prima di voi al promontorio.
Lep. La vostra strada è la più breve; i miei disegni m’obbligano a deviare, onde giungerete due giorni prima di me.
Mec. Agr. Gloriosi successi.
Lep. Addio. (escono)
SCENA V.
Alessandria. — Una stanza nel palazzo di Cleopatra.
Entrano Cleopatra, Carmiana, Iras, e Alexa.
Cleop. Vo’ un po’ di musica. La musica è l’alimento delle anime che, come la mia, non vivono che per amare.
Tutti. Musica, olà! (Entra Mardiano)
Cleop. No, non voglio musica: giuochiam piuttosto al bigliardo. Vieni, Carmiana.
Car. Mi duole un braccio; fareste meglio giuocando con Mardiano.
Cleop. Sarà come se giuocassi con una donna. — Ebbene, vuoi tu giuocare?
Mar. Come meglio posso, signora.
Cleop. Quando l’attore mostra buon volere, se anche non riesce ottimo, ha diritto alla nostra indulgenza. — Ma no, non mi sento in voglia ora per giuocare. — Datemi le mie reti, andremo al fiume, e là, intantochè i musici ne allieteran di lontano con qualche accordo, mi ricreerò tendendo lacci ai pesci dorati. Il mio amo simile ad áncora trapasserà le loro mascelle, e ad ogni pesce che trarrò dall’acqua, immaginando di vedere Antonio, griderò: ah, ah, siete preso!