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atto primo 289

giante sulle acque, che s’avanza o recede, seguendo servilmente l’incostanza del flutto, finchè logora cade a brani pel suo commovimento continuo.

Mess. Cesare, ti annunzio che Menecrate e Mena, famosi pirati, esercitano il loro imperio sui mari, che affaticano coi solchi di formidabile navilio. Frequenti e vive incursioni vanno essi facendo sulle coste d’Italia. I popoli, che quelle abitano, impallidiscono al solo loro nome, e la fiera gioventù si ribella. Alcuna nave non può escir dal porto, che presa tosto non sia; il nome di Pompeo ispira più terrore, che non ne ispirerebbe la presenza di tutto il suo esercito.

Ces. Abbandona, Antonio, abbandona le tue tazze inebbrianti e le tue molli vanità. Sovvengati del tempo in cui, respinto da Modena, dopo aver ucciso i due consoli Irzio e Pansa, perseguitato dalla fame, con coraggio la combattesti, e in onta della tua molle educazione, sopportasti i suoi orrori con maggior pazienza dei più induriti selvaggi. Tu bevesti allora l’urina de’ tuoi cavalli, e le acque fangose, da cui gli stessi animali avrebbero rifuggito con avversione. Il tuo palato sì molle non isdegnò in quel tempo i frutti più aspri de’ sterpi e dei rovi; simile al cervo affamato, quando la neve cuopre i pascoli, divorasti la scorza degli alberi. Dicesi che sopra le Alpi (ed è un’onta per te ch’io ricordi tai fatti) ti pascesti di carne sì strana, che i tuoi soldati morivano di orrore e di spavento alla sola vista di quel cibo, mentre tu sopportavi quella orrenda penuria da guerriero intrepido, senza che pure il tuo viso ne paresse commosso, o i tuoi lineamenti alterati.

Lep. La sua debolezza è deplorabile.

Ces. Il sentimento della vergogna lo riconduca tosto a Roma. È tempo che ci mostriamo uniti in campo. Raduniamo senza indugi il nostro consiglio, per accordare ogni disegno, e cessino i vantaggi che Pompeo ritrae dalla nostra indolenza.

Lep. Dimani, Cesare, potrò istruirvi con esattezza di quello che mi sia dato di fare in terra e in mare nelle attuali circostanze.

Ces. È pure la cura che mi terrà assorto fino a dimani.

Lep. Addio, signore. Di tutto quel che saprete dei movimenti esterni, vi prego a farmi parte.

Ces. Di ciò non dubitate; conosco i miei debiti.                          (escono)