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atto primo 281

Iside1, te ne supplico; e se quella muore, ne trovi un’altra peggiore, e dopo di essa altre anche più cattive, finchè la più malvagia di tutte lo conduca ridendo al sepolcro, disonorato da cento infedeltà. Buona Iside, esaudisci la mia preghiera, e dovessi anche per essa non ascoltarmi in bisogne più gravi, accordami questa grazia; buona Diva, te ne supplico.

Iras. Così sia. Cara Dea, odi la prece che tutte t’indirizziamo; imperocchè, se è un dolore il vedere un bell’uomo mal ammogliato, nè è uno più grave il contemplare un brutto viso non iscornato; onde, cara Iside, sii giusta, e acconcialo come merita.

Car. Così sia.

Alex. Vedete, se dipendesse da loro il disonorarmi, lo farebbero a costo di prostituirsi.

Enob. Silenzio, viene Antonio.

Car. No, è la regina.                                   (entra Cleopatra)

Cleop. Vedeste il mio signore?

Enob. No, madonna.

Cleop. Non era qui?

Car. Non era.

Cleop. Pareva propenso all’allegria; ma una ricordanza di Roma lo commosse repentinamente. — Enobarbo...

Enob. Signora.

Cleop. Cercatelo, e conducetelo da me. Dov’è Alexa?

Alex. Qui, signora, a’ vostri servigi. — Il mio signore s’avvicina.     (entra Antonio con un messaggiere, e seguito)

Cleop. Non vogliam vederlo. — Venite con noi. (escono Cleop., Enob., Alex., Iras, Car., Ind. e seguito)

Mess. Fulvia, tua moglie, entrò prima in campo.

Ant. Contro mio fratello Lucio?

Mess. Sì; ma la guerra cessò in breve, le circostanze gli han tosto riconciliati, riunite hanno le loro forze contro Cesare. Nullameno, al primo impeto, la fortuna di Cesare li cacciò entrambi d’Italia.

Ant. Bene sta; hai null’altro di più funesto a dirmi?

Mess. Il messaggiere delle cattive novelle ne è la vittima.

Ant. Sì, quando recate vengono a un insensato, a un vile. Prosegui. Con me quello che fu, fu; ecco la mia filosofia; chiunque m’istruisce d’una verità, dovesse la morte conseguire il suo racconto, lo ascolto volentieri, come se mi encomiasse.

  1. Gli Egiziani adoravano la luna sotto il nome di Iside, che rappresentavano con una sfera, e un fascio di spiche, emblemi delle scienze, delle arti e della fertilità del paese.