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278 antonio e cleopatra


Seg. Novelle, mio buon signore, da Roma.

Ant. M’infastidisci. — Di’, in breve.

Cleop. No, ascoltatelo, Antonio: Fulvia forse è sdegnata: forse il quasi imberbe Cesare vi fa noti i potenti suoi comandi: Pensate ad obbedirmi; impadronitevi di quel regno; redimete quell’altro; obbedite, o incorrete nell’ira mia.

Ant. Che dici, mio amore!

Cleop. Forse... ed è anzi molto simile al vero, forse non vi dovete fermar qui più a lungo; e vi è mandato da lui il comando di partire; onde ascoltate, Antonio, queste novelle. Apprendete quali lagnanze abbia fatte Fulvia dinanzi ai Padri... dinanzi a Cesare... dinanzi ad entrambi. — Chiamate gli ambasciatori. — Come è vero che son regina d’Egitto, tu arrossisci, e quel sangue, che t’imporpora, rende omaggio a Cesare, o mostra i fuochi che la vergogna accende sulle tue guancie, allorchè la voce garrula di Fulvia ti manomette con isdegno. — Vengano i messaggieri.

Ant. Possa Roma esser sommersa dal Tebro, e crolli tutto l’impero; è qui che è il mio mondo! Che sono i regni, se non un vasto volume di creta? Il nostro globo di fango alimenta del pari il bruto e l’uomo. Amarsi così (abbracciando Cleop.), amarsi, come noi ci amiamo, coppia inseparabile, ecco il più nobile, il solo ufficio della vita. Mi assumo, sotto pena di castigo, di provare all’universo, che siamo due amanti che non ebbero mai gli eguali.

Cleop. (a parte) Venerabile impostura! Perchè dunque sposò Fulvia? Forse per non amarla? Vo’ ben sembrare stolta, ma nol sono. — Antonio sarà sempre lo stesso.

Ant. Sempre governato da Cleopatra. Ma per amor dell’Amore, in nome de’ suoi momenti beati, non perdiamo inutilmente il tempo in sdegnose conferenze. Noi non dovremmo lasciare trascorrere un sol minuto di nostra vita, senza coronarlo con qualche piacere. Qual sollazzo avremo stanotte?

Cleop. Udite gli ambasciatori.

Ant. Tacete, bieca regina, a cui si addice del pari il ridere, il piangere, il garrire, ogni passione contendendo per aver l’onore di dipingersi sui lineamenti del vostro bel viso. Non ascolterò altri ambasciatori che quelli inviatimi da te, mia amica. E questa sera, passeggieremo soli per le vie d’Alessandria, ricreandoci nel contemplare il popolo. Venite, mia regina; la scorsa notte desideraste un tal piacere. — (al mess.) Basta di ciò.

(escono Ant e Cleop. col loro seguito)