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atto quinto | 269 |
Imog. (a Postumo) Perchè avete respinto da voi la vostra legittima sposa? immaginatevi adesso d’essere in cima ad una rupe, e scagliatemi di nuovo nel precipizio.
(gettandosi fra le sue braccia)
Post. Resta, anima mia, resta al mio collo qui appesa come un frutto finchè l’albero muoia!
Cimb. O mio cuore, mia figlia, nulla hai dunque da dire a me? rimango dunque io qui inutile spettatore?
Imog. La vostra benedizione, signore. (inginocchiandosi)
Bel. (a Guiderio e Arvirago) Più non vi faccio rimprovero di aver tanto amato questo fanciullo, grande motivo ne avevate.
Cimb. Le lagrime, onde io ti bagno, scendano come una sacra pioggia sopra il tuo capo! Imogène, tua madre è spenta!
Imog. Me ne duole, signore.
Cimb. Oh! era una donna crudele, e non è che suo malgrado se ci troviamo riuniti; ma anche suo figlio è dileguato, nè sappiamo dove sia ito.
Pis. Milord, adesso, che non ho più alcun timore, vi aprirò il vero. Il principe Cloten, dopo la fuga della mia signora, venne a me colla spada nuda in mano, e fremente di collera; e giurò che se non gli manifestava quale strada ella avesse tenuto, quella sarebbe stata la mia ultima ora. A caso io aveva una lettera di Postumo, in cui con vaghi artificii egli invitava Imogène a muovere incontro a lui sulle montagne di Milford. Letto quel foglio, e preso da un accesso di demenza, tosto egli indossa gli abiti del mio signore, che mi aveva costretto a dargli, e s’avvia con sinistre intenzioni verso Milford: quello che poscia avvenisse di lui lo ignoro.
Guid. Dirò io il fine della storia, perchè io fui che l’ho ucciso.
Cimb. Oh! gli Dei nol vogliano! non sia che al tuo valore, alle gloriose tue geste io debba dare un crudele guiderdone! te ne scongiuro, valoroso giovine, smentisci ciò che hai detto.
Guid. Dissi la verità.
Cimb. Ma hai ucciso un principe.
Guid. Un principe indegno! e gli oltraggi ch’egli mi ha prodigato me ne diedero prova. Con tali parole provocommi, che mi avrebbero fatto avventare contro Marte stesso, se di simili questi ne avesse fatto suonare al mio orecchio: io gli ho troncato il capo; e godo che non sia qui a narrarvi di me ciò ch’io vi racconto di lui.
Cimb. Il tuo destino mi addolora; ma la tua lingua ti ha condannato: e ti converrà subire la morte, a cui le nostre leggi ti condannano.