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atto quinto 259


Sic. «Cessa, o Signore del folgore; placa il tuo sdegno contro i deboli mortali: garrisci piuttosto con Marte; o sgrida l’altera Giunone che conta i tuoi adulterii, e ne fa vendetta».

«L’infelice mio figlio non ha fors’egli operato sempre il bene? Oimè! io non l’ho mai veduto, chè la morte mi colse mentr’egli era ancora in seno a sua madre, aspettando il termine prefisso dalla natura».

«Giove, se veramente tu sei, come gli uomini dicono, il padre degli orfani, tu dovevi esser padre a lui, per difenderlo dai mali, onde contristata è la terra».

Mad. «Lucina non volle essermi cortese del suo aiuto: essa mi tolse di vita in mezzo ai dolori del parto; e il dolce mio Postumo con arte strappato dalle mie viscere, ha mandato il primo vagito dell’esistenza in mezzo a’ suoi nemici. Oh caro oggetto di altissima pietà!».

Sic. «La provvida Natura lo ha talmente modellato sul tipo de’ suoi maggiori, che, degnissimo erede del generoso Sicilio, egli ha saputo meritare le lodi dell’universo».

Frat. «E quando fu cresciuto negli anni, e quando divenne uomo, qual altro in tutta Brettagna poteva stargli a fronte? qual altro essergli rivale presso Imogène, che sapeva sì giustamente apprezzare la di lui virtù?».

Mad. «Vittima del suo amore, ei fu bandito, cacciato dall’illustre seggio dei Leonati, tolto alle braccia della sua diletta sposa, della tenera Imogène».

Sic. «Perchè permettere che un Jachimo, un vile italiano, gli travolgesse la mente e il cuore col veleno della gelosia? che un mio figlio divenisse ludibrio di tal scellerato?».

Frat. «Furono gl’ingiusti Destini che abbandonar ne fecero le nostre pacifiche dimore, dove solo han ricetto i generosi che seppero, combattendo, morir per la patria».

Frat. «E Postumo mostrò l’istesso valore per sostenere la gloria di Cimbelino; ma Giove, reggitore degli Dei, volle che le ricompense, dovute a’ servigi di lui, si cangiassero in pene e dolori».

Sic. «Apri, o Benefico, le cristalline porte del cielo, e getta su di noi uno sguardo: cessa d’esercitare l’ingiusto tuo cruccio sopra una schiatta di eroi».

Mad. «Poichè il figlio nostro è un prode, poni, o Giove, un termine alle sue sciagure».

Sic. «Inchina dall’alto de’ tuoi marmorei palagi lo sguardo alla terra, e porgine soccorso, o le squallide nostre ombre, al-