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cimbelino — atto quinto 255


SCENA II.

La stessa.

Entrano da un lato Lucio, Jachimo e l’esercito romano; dall’altro i soldati britanni, a cui Postumo tien dietro in abito da gregario: dopo brevi evoluzioni suona la carica e si impegna la mischia: Jachimo e Postumo combattono insieme: il primo è disarmato dal secondo, che quindi s’allontana.

Jach. Il peso del delitto che s’aggirava sulla mia coscienza, mi toglie le forze e il coraggio. Ho calunniato la sovrana di questa isola; e pare che l’aria stessa ch’io respiro, la prenda a vendicare, e tolga a me ogni vigore. Se così non fosse, avrebbe mai potuto quello zotico superarmi nella mia professione? l’onore e il titolo di cavaliere, allorchè vengono sostenuti come io li sostengo, altro non sono che argomenti d’infamia. Brettagna! se i tuoi nobili sono più valenti di quell’ignobile schiavo, come egli lo è dei nostri capitani, noi saremo appena uomini, mentre i figli tuoi saranno altrettanti Dei.     (esce)

(la battaglia continua; i Britanni sono vôlti in fuga; Cimbelino è preso; se non che Belario, Guiderio ed Arvirago si avventano a liberarlo)

Bel. Fermatevi, fermatevi! la situazione più vantaggiosa è la nostra: abbiam riparati i fianchi: chi ne sforza a fuggire, se non una vergognosa paura?

Guid. e Arv. Fermatevi, fermatevi! combattiamo! (rientra Postumo, e seconda i Britanni; Cimbelino è riscattato; e allora ognuno s’allontana. Dopo rientra Jachimo insieme con Lucio ed Imogène)

Luc. Fuggi, fanciullo; lascia il campo: poniti in salvo! la confusione è sì grande, che la guerra sembra aver una benda sugli occhi! gli amici uccidono, senza vedere, gli amici.

Jach. Quel nuovo rinforzo...

Luc. Le speranze di questa grande giornata sono omai perdute: o siamo pronti alla riscossa, o mettiamoci in fuga. (escono)