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ATTO QUINTO




SCENA I.

Una landa che divide gli accampamenti britanni dai romani.

Entra Postumo con una pezzuola insanguinata.

Post. Sì, io ti serberò, sanguinoso drappo, perchè io fui che ebbi desiderio di averti tinto di questo colore. Quanti di voi, o sposi, seguendo il mio esempio, quanti di voi ucciderebbero, per lievi falli, consorti più virtuose di voi medesimi. Oh Pisanio! un buon servo non compie tutti gli ordini del suo signore; e soltanto obbedisce a quelli che la ragione dettò. Se m’aveste, o Dei, punito delle mie colpe, vissuto non sarei tanto da poter comandare questo delitto! allora avreste conservata la nobile Imogène fino all’istante del suo pentimento; e colpito avreste me, me sciagurato! ben più di lei meritevole della vostra vendetta. Oimè! tali vi hanno che togliete dal mondo per lievissime colpe, e consentite che altri vivano accumulando ogni dì più sul loro capo delitto a delitto? A costoro i misfatti fruttano abbondevolmente, e guidanli impuni alle ricchezze e al potere. Imogène adesso è tornata in grembo a voi: siano dunque compiuti i vostri voleri; e fate che io mi vi possa paziente sottomettere. — Sono stato trascinato in questo campo in mezzo alla nobiltà italiana, per invadere gli Stati della mia principessa. Brettagna, non basta che io t’abbia fatta uccidere la tua sovrana? ma rassicurati; non ti aprirò altre piaghe. Udite dunque pazienti, o benefìci Dei, il mio nuovo disegno. Vuo’ spogliarmi di questi abiti italiani, vestirmi a guisa di colono britanno, e così trasfigurato combattere contro il partito che ho seguito fin qui; e morire per te, cara Imogène, per te, la cui rimembranza fa della mia vita una continua agonia. Travestito, sconosciuto, oggetto di compassione, anzichè d’odio, affronterò ogni più grande pericolo, e mostra farò di valore, più che le rozze mie vesti non possano promettere. Afforzatemi, o Numi, di tutta la magnanimità de’ miei avi!     (esce)