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atto terzo 247

vero a que’ ricchi eredi che affidano alla terra l’ossa dei padri loro senza alcun onore di tomba, verrebbe a intrecciarti quei fiori; e nella stagione in cui la terra più non li produce, coll’amoroso suo becco intesserebbe di piume la tua veste invernale.

Guid. Cessa, fratello, cessa, te ne prego; non usar di più un sì effeminato linguaggio, quando tanto grave n’è il soggetto: inumiamo Fedele; non differiamo più a lungo a sciogliere un debito così sacro, portiamolo al suo sepolcro.

Arv. Di’, dove lo deporremo?

Guid. Accanto alla nostra buona madre Eurifila.

Arv. Sì, così facciamo, Polidoro; e noi, sebbene la giovinezza abbia dato alle afflitte nostre voci un più maschio accento, noi canteremo, conducendolo alla tomba, come cantavamo quel dì che vi conducevamo nostra madre. Ripetiamo quei malinconici suoni; ripetiamo quelle parole; nè altro facciamo, che cangiare il nome d’Eurifila in quello di Fedele.

Guid. Cawdal, io non posso cantare: piangerò soltanto, ripetendo con te quegli accenti; perocchè canti di dolore non bene tra loro accordati, tanto aspri sarebbero, come nei nostri templi le voci dei fedifraghi e degl’ipocriti.

Arv. Ebbene, non faremo che recitarli.

Bel. I grandi dolori, lo veggo, discacciano i piccoli: ecco ora Cloten interamente dimenticato. Ricordatevi, figli miei, che quegli era figlio d’una regina; e che se qui è venuto come nemico, crudelmente ne fu castigato. Sebbene il misero e il potente muoiano del pari, e si convertano nella medesima polvere; pure un certo rispetto, una certa subordinazione, angeli tutelari del mondo, pongono una distinzione fra i grandi e il popolo. Il nostro nemico fu un principe: se come nemico gli avete tolta la vita, ora dovete seppellirlo come s’addice al suo grado.

Guid. Andate, ve ne prego, in traccia del suo corpo: il cadavere di Tersite non è inferiore a quello d’Ajace, quando ambidue hanno cessato di vivere.

Arv. Se volete andarne in cerca, noi intanto reciteremo la nostra canzone. (Belario esce) Fratello, incomincia.

Guid. No, Cawdal; prima conviene che lo deponiamo su quel monticello di fiori, colla testa rivolta verso oriente; mio padre me lo ha comandato.

Arv. È vero.

Guid. Vieni dunque e sorreggilo.

Arv. Così... ora incomincia.