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Pis. Ebbene, ecco il mio disegno. Voi dovete dimenticare di esser donna; mestieri v’è il far prova di rassegnazione: e, obbliando il timido pudore proprio del vostro sesso, o, per meglio dire, essenza delle vostre grazie, armarvi dell’audacia d’un giullare lepido nelle risposte, acre e insolente come un troppo accarezzato cagnuolo. Sì, negliger dovete la tinta delicata del vostro volto, non curar quelle guancie di rose, ed esporle... (oh crudo consorte!)... agli avidi baci dell’impudico sole: rinunziar vi è forza a tutti i vostri eleganti adornamenti, e a quella mondizia della persona, che rende gelosa di voi la stessa Giuno.

Imog. Ebbene, poche parole: veggo il tuo intento, e mi sento già quasi uomo.

Pis. Cercate almeno di sembrar tale: l’abito io l’ho apparecchiato. Volete, così travestita, simulare i portamenti d’un giovinetto, e presentarvi al nobile Lucio chiedendogli pane? Egli conoscerà tosto i vostri talenti; e se il suo orecchio è sensibile all’incanto della musica, non dubito che con sommo diletto non v’impieghi presso di sè, perocchè egli è grande, e pieno di virtù. Quanto al vostro benessere, sapete ch’io sono ricco, e non mancherò di provvedere ai vostri bisogni.

Imog. Tu se’ l’unica consolazione che gli Dei mi lasciano in tanto affanno. Di grazia, allontanati: molte considerazioni rimarrebbero a farsi; ma seguiremo il nostro filo a misura che il tempo lo svolgerà. Mi sento in petto l’anima d’un guerriero per accingermi a quest’impresa; e sosterrò la mia parte coll’ardire di un principe: ma separiamoci, te ne scongiuro.

Pis. Brevi debbono essere i nostri addii, signora: se la mia assenza venisse notata, potrebbe indurre sospetto alla corte, che avessi favorita la vostra fuga. — Accettate, ve ne prego, questa fiala: io l’ebbi dalla regina, e contiene un prezioso liquore: se il mare vi dà disagio, o se le forze vi abbandonano per terra, una stilla di questo dissiperà i vostri mali: addio! Cercate qualche benigna ombra, e vestite gli abiti del sesso che volete simulare... Possano gli Dei esservi guida alla vostra felicita!

Imog. Essi ti esaudiscano! io ti ringrazio.                         (escono)

SCENA IV.

Una stanza nel palazzo di Cimbelino.

Entrano Cimbelino, la Regina, Cloten, Lucio e Lordi.

Cimb. Io ti lascio: addio.

Luc. Ve ne so grado, Maestà: ho ricevuto l’ordine di partire