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atto terzo | 231 |
chiamarmi impudica; il mio orecchio fu lacerato dall’infame parola; nè posso ricevere omai ferita più crudele, o balsamo risanatore: ti ascolto.
Pis. Ebbene, signora, parmi che non dobbiate più tornare sull’orme vostre.
Imog. Grande apparenza ve n’ha, dovendo tu uccidermi in questo luogo.
Pis. No, mai, mai! e se l‛ingegno non la cede al cuore, il mio trovato riescirà a buon fine. È impossibile che il mio signore non sia stato deluso: qualche tenebroso traditore lo ha certo ingannato.
Imog. Qualche cortigiana di Roma...
Pis. No, sulla mia vita! — Farò sapere a Postumo che voi non siete più; e gliela manderò qualche sanguinoso indizio chè tale fu il suo comando: la vostra assenza dalla Corte darà fede al racconto.
Imog. Ed io, buon amico, che farò intanto? dove abiterò? come trarrò la vita? quale esistenza mi aspetterebbe dopo che fossi morta pel signor mio?
Pis. Se tornate alla Corte.
Imog. Non più Corte, non più padre! non vo’ più veder quel vilissimo principe, quell’essere nullo, quel Cloten, le cui assiduità mi tornavano più infeste, che non un assedio a una città senza difese.
Pis. Ma se rinunciate alla Corte, non potrete più rimanere in Brettagna: e dove anderete?
Imog. Che dici? dove anderò. Il sole non isplende egli forse che su questo paese? forse in Brettagna soltanto vi sono i giorni e le notti? Quando si dice mondo, la Brettagna, è vero, vi è compresa; ma essa ne è separata; ed altro non è che il nido di un cigno in mezzo ad un immenso stagno: credi, te ne prego, che v’hanno uomini anche fuori di Brettagna.
Pis. Son ben lieto che pensiate a scegliere altro soggiorno: l’ambasciatore romano giunge stanotte a Milford: se conformar poteste il vostro esteriore allo stato della vostra fortuna, e celare sotto mentite spoglie quella grandezza che non può mostrarsi senza pericolo, voi fareste un piacevole viaggio, e sareste a tale di vedere... chi sa? forse potreste stanziare vicino a Postumo; ed ivi, se non vi fosse dato di osservare tutte le sue azioni, potreste almeno udirne ad ogni istante il racconto.
Imog. Oh! per venire a tanto, tutto arrischierei, tranne il mio onore.