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atto primo 205

induce ad illuminarvi, rivelandovi la bassezza del suo mutamento: sono i vostri vezzi, le grazie di cui risplendete che mi sforzano, mio malgrado, ad annunziarvi questa dolorosa novella.

Imog. Ch’io non l’abbia ad udire mai più.

Jach. Oh donna adorata! la vostra sorte mi commuove fino alle lagrime. Principessa sì bella, erede del maggior trono della terra, posta così a fascio colle più vili creature del vostro sesso, che per danari si prostituiscono, con tutti quei mali di cui la corruzione ed il vizio ammorbano la natura; pesti contagiose, superiori ad ogni altro veleno! Oh! se figlia siete d’una regina, se degenerar non volete dalla illustre vostra schiatta, vendicatevi, vendicatevi.

Imog. Vendicarmi! e come vendicarmi, se il vostro racconto è vero? Ah! un cuore ho in seno, il quale temer deve che facilmente l’orecchio non lo inganni: se il vostro racconto è vero, come vendicarmi?

Jach. Oh! dovrete voi vivere come una Vestale, languendo le notti in fredda solitudine, mentre egli, con vostro dispregio, si tuffa insino agli occhi nel lezzo delle voluttà? Vendicatevi: a voi mi consacro, al vostro tenero amore; e amante più nobile vi sarò del vile che vi ha disertata.

Imog. Che ascolto! — Olà, Pisanio!

Jach. Concedetemi di suggellare sulle vostre labbra la mia tenerezza col più dolce de’ baci.

Imog. Lungi da me!... colpevole sono già troppo di averti ascoltato sì a lungo. Se in te fosse onore, m’avresti fatto questo racconto per amore della virtù, non pel fine che ti proponi... Tanta impudenza mi riempie di stupore! Tu dunque oltraggi un prode cavaliere, così dissimile dal calunnioso ritratto che ne facesti, quanto tu il sei dall’onore; e ciò per sedurre una donna che ti disprezza e ti abborre?... Olà, Pisanio!.. Il re mio padre sarà istrutto della tua audacia; e vedrassi s’ei troverà conveniente che uno svergognato straniero traffichi di donne nella di lui corte come in un bordello di Roma, e discopra ai nostri occhi tutte le sue laidure. Ahi! la corte di mio padre è disprezzata, oltraggiata sua figlia... Olà, Pisanio!...

Jach. O felice Leonato, chè tale ora posso ben dirti, la fiducia che questa principessa ha in te merita la tua; e la tua egregia virtù deve a buon diritto ispirare sì grande sicurezza! Siate lungamente felice, donna del più illustre cavaliere di cui giammai si gloriasse la terra, degna di accendere in un bel cuore la più nobile fiamma! Perdonatemi quel linguaggio, di cui feci uso sol-