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192 | cimbelino |
fin dove potesse spingere la sua collera verso di me. (a parte) Ben saprò io condurlo qui, chè a mio piacere io lo governo; nè mai l’offendo, che scontar non gli faccia i miei falli, e non gli venda a gran prezzo la mia grazia. (esce)
Post. Se prolungar potessimo questo fatale congedo anche per tutta la vita, il dolore di separarci non saprebbe che maggiormente accrescersi... Addio.
Imog. Oh! rimani un istante: se pure non ti dipartissi che per trascorrere i luoghi vicini, questo addio sarebbe ancor troppo breve. Vedi, amico mio? questo diamante fu già di mia madre: accettalo, amore; ma custodiscilo finchè tu ne adorni il dito ad altra donna, allorchè Imogène sarà morta.
Post. Ad altra donna? Benefici Numi, concedetemi solo di posseder questa, che è mia; e se vaghezza mi prendesse mai d’alcun’altra, separatemi da lei con braccio di morte. — Rimanti, rimanti in questo dito (mettendosi l’anello) finchè il sentimento e la vita vi ti potranno serbare... E tu, tu, la più tenera, la più vaga delle fanciulle, che me solo avesti in cambio di te, abbi a perpetua ricordanza di tanta perdita questo pegno, che a guisa d’un laccio d’amore pongo a così gentile prigioniera. (le cinge al braccio una smaniglia)
Imog. Oh Dio! quando ci rivedremo noi! (entra Cimbelino con seguito di Lordi)
Post. Oimè, il re!
Cimb. Vilissima creatura, fuggi da questi luoghi, togliti dal mio cospetto! Se, dopo tale comando, osi ancora contaminar di tua ignobile presenza questa corte, sarai morto: fuggi; la tua vista avvelena il mio sangue.
Post. Gli Dei vi proteggano, e benedicano i buoni che a questa corte rimangono! Vado, signore. (esce)
Imog. No, la morte non ha angoscie più dolorose di quelle che io provo.
Cimb. Oh sleale! tu che ringiovanir dovresti la mia vecchiaia, tu accumuli sul mio capo gli anni della decrepitezza.
Imog. Signore, ve ne scongiuro, non vi abbandonate a questi impeti di collera, che assai vi sono nocivi; e riguardateli come inutili, dacchè omai più non valgono a farmi sentire il peso del vostro cruccio, animata come io sono da un sublime sentimento, che mi rende insensibile ad ogni men alto affetto.
Cimb. Nè chiedi grazia? nè presti obbedienza?
Imog. Non ho più speranze; non dimando più perdono.
Cimb. Potevi sposar l’unico figlio della mia regina...