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178 coriolano

fondo in vane parole; e lascio la più rispettabile delle madri in un canto, senza averla pur salutata. Piegatevi, o mie ginocchie, sulla terra; e mostra qui, Coriolano, qual sentimento di rispetto provi l’anima tua.     (s’inginocchia)

Vol. Alzati, mio figlio, e sii benedetto dagli Dei, mentr’io su questo aspro guanciale di selci m’inchino, porgendoti un ossequio inusitato fra madre e figlio.

Marz. Che fate? Voi in ginocchio dinanzi a me? dinanzi al figlio che avete cresciuto ed informato alla virtù? Tutto è sconvolto in natura; e con quest’atto d’umiliazione, o mia madre, voi rendete tutto possibile.

Vol. Il mio guerriero tu sei; io t’educai alla guerra. — Conosci tu questa donna?

Marz. La nobile sorella di Publicola; l’astro di Roma; casta come la neve più pura che fiocchi sul tempio di Diana. Cara Valeria!

Vol. Ecco un immagine di voi due (indicando il figlio di Marzio), che un giorno rifletterà i vostri lineamenti.

Marz. Il Dio de’ guerrieri, per valore dell’Onnipossente, spiri l’eroismo nella tua giovine anima. Sii invulnerabile alla vergogna, e mostrati un giorno sul campo di battaglia come il faro splendente sull’onde del mare, che, luminoso e immacolato, salva coloro che lo veggono.

Vol. Fanciullo, inginocchiati.

Marz. Egli è il mio generoso fanciullo.

Vol. Or questo fanciullo, la tua sposa, ed io, t’indirizziamo la nostra preghiera.

Marz. Vi scongiuro, arrestatevi; e se mi volete fare una dimanda, ricordatevi anzi tutto di non offendervi del mio rifiuto alla cosa che ho giurato di non concedere. Non mi chiedete di rimandare i miei soldati, o di venirne a patti colla plebe di Roma; non mi dite che sono snaturato; non cercate di calmar l’ira mia; o di sospender le mie vendette co’ freddi vostri discorsi.

Vol. Oh non più, non più! Detto ne hai che nulla ci accorderesti, perchè null’altro avremmo a chiederti, che ciò che ricusi di già! Ebbene, chiediamo che se inutile riesce la nostra dimanda, il biasmo ne cada sulla tua durezza: ascoltaci.

Marz. Aufidio, e voi, Volsci, porgete orecchio, perocchè non ascolteremo alcuna preghiera di Roma in segreto. — Parlate.

Vol. Ove anche restassimo mute, queste vesti lugubri e lo squallore de’ nostri volti ti direbbero abbastanza qual vita abbiam condotta dopo il tuo esilio. Pensa fra te, e giudica se in noi