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162 | coriolano |
3° Dom. Che volete voi qui, messere? Animo, sgombrate.
Marz. Lasciatemi star qui; non contaminerò i vostri lari.
3° Dom. Chi siete?
Marz. Un cavaliere.
3° Dom. Meravigliosamente povero, se non erro.
Marz. Tale infatti sono.
3° Dom. In grazia, povero cavaliere, scegliete qualche altro ostello; qui non è posto per voi; vi prego, uscite.
Marz. Continuate ad attendere ai vostri uffici. Ite, e tripudiate colle reliquie del festino. (lo spinge via)
3° Dom. Che! uscir non volete? — Pregoti, va dal mio signore, e digli quale strano ospite sia qui.
2° Dom. Così farò. (esce)
3° Dom. Dove abiti?
Marz. Sotto il gran padiglione.
3° Dom. Sotto il gran padiglione?
Marz. Sì.
3° Dom. Dov’è esso?
Marz. Nella città dei nibbii e dei corvi.
3° Dom. Nella città dei nibbii e dei corvi? Che ciuco è costui! Tu abiti dunque anche colle cornacchie?
Marz. No; io non servo il tuo padrone.
3° Dom. Come, messere? avete intrighi col mio signore?
Marz. Sì; ed è meglio che averne colla tua donna. Tu cianci, cianci: va a servir colla tua tafferia. Via di qui! (lo caccia, percuotendolo; ed entra Aufidio col secondo domest.)
Auf. Dov’è costui?
2° Dom. Eccolo, signore. L’avrei battuto come un cane, se non avessi temuto di disturbare i vostri ospiti.
Auf. Di dove vieni? chi chiedi? il tuo nome? perchè non parli? Parla: qual è il tuo nome?
Marz. (scoprendosi) Tullo, se ancora non mi conosci, e guardandomi non indovini chi sono, la necessità m’obbligherà a nominarmi.
Auf. Qual è il tuo nome? (il dom. si ritira)
Marz. Un nome aspro alle orecchie de’ Volsci, ed aspro anche a te.
Auf. Di’, qual è il tuo nome? Il tuo tuono è minaccioso, e l’orgoglio del comando sta impresso sulla tua fronte. Sebbene sotto i cenci della sventura, tu riveli un uomo illustre. Qual è il tuo nome.
Marz. Non l’udrai senza aggrottare il ciglio. Mi riconosci ora?