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142 | coriolano |
di quelli che vide la Grecia ne’ suoi dì fiorenti? Per Giove! tanta ignominia invilisce e degrada i consoli; e l’anima mia soffre pensando che, quando due autorità lottano insieme, senza che l’una o l’altra primeggi, il disordine non tarda ad insinuarsi per l’apertura che lascia la loro disunione, e le abbatte in breve entrambe.
Com. Certo. Andiamo, andiamo alla piazza pubblica.
Marz. Chi mai potè dare il consiglio di distribuir gratuito il grano dei magazzini dello Stato, come si praticò qualche volta in Grecia?
Men. Non si parli più di ciò; andiamo.
Marz. Sebbene in Grecia il popolo avesse fra le sue mani un potere più assoluto, affermo che qui si nutriva la ribellione, e si logoravano le fondamenta dello Stato.
Br. Perchè darebbe il popolo il suo voto ad uomo che parla in tal guisa di lui?
Marz. Io tuonerò colla mia voce, che val più del suo suffragio. Il popolo ben sa che quella distribuzione di grano non era una ricompensa, e sa che nulla fatto avea che la meritasse. Posto lo Stato, per le necessità della guerra, in strettezza tale, che le sue sorgenti di vita parevano vicine a disseccarsi, esso non volle pur varcare le porte della città. Cotal servigio non meritava una limosina di grano. Nel campo i suoi ammutinamenti e le sue rivolte, nelle quali spiegava molto valore, non parlavano in suo favore. Le accuse che sì frequenti mosse al Senato, prive di base, fatte non erano per ingenerare quel generoso dono. E ne vedete ora la ricompensa? Come accolse quella vorace moltitudine la benignità dei Patrizi? Leggete nelle sue opere, e vedrete che dicono: Chiesto abbiam, perchè siam dell’ordine più numeroso; accordato ci fu, perchè s’ebbe timore della nostra dimanda. — Così è che noi avviliamo l’onor del nostro Stato; così che imbaldanziamo la villana plebaglia che chiama tema la nostra indulgenza per lei; e fra non molto tale condotta affrangerà le porte del Senato, e darà accesso a vili corvi, che verran per cacciarvi le aquile.
Men. Avete detto abbastanza.
Br. Sì, abbastanza, e troppo.
Marz. No, non tutto dissi; e aggiungerò cosa vera, che attestar si potrebbe con sacramento. Le potenze umane e divine suggellino la conclusione con cui finirò! Da questa doppia autorità, in cui un partito disprezza l’altro, e con giustizia; in cui l’altra insulta senza motivo da ciò; in cui la nobiltà, i titoli, la saggezza non possono nulla determinare che col sì o il no d’una ignorante