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134 | coriolano |
mi avessero obbliato, come obbliano le minacce che i nostri auguri fan loro in nome degli Dei.
Men. Voi rovinerete ogni cosa. Vi lascio; favellate con essi, ve ne prego, con dolcezza, con bontà, come n’avete d’uopo.
(esce; ed entrano due Cittadini)
Marz. Imponete loro di lavarsi il volto e i denti... Eccone una coppia. — Sapete voi perchè io mi stia qui?
1° Citt. Lo sappiamo, signore: diteci nondimeno quel che vi ci ha condotto.
Marz. Il mio merito.
2° Citt. Il vostro merito?
Marz. Sì, e non il mio volere.
1° Citt. Come! non il vostro volere?
Marz. No, messere; non fu mai piacer mio d’importunare il povero con inchieste.
1° Citt. Dovete pensare, che se qualche cosa v’accordiamo, è colla speranza di guadagnare col mezzo vostro.
Marz. Bene dunque, vi prego, a qual prezzo ponete il mio consolato?
1° Citt. Al prezzo di chiederlo cortesemente.
Marz. Cortesemente? Fate dunque ch’io l’abbia. Ho alcune ferite da mostrare, e che potrei farvi vedere particolarmente. Ebbene, datemi il vostro voto. Che rispondete?
2° Citt. L’avrete, degno signore.
Marz. È detto. Ecco due aurei voti... Ottenni la vostra limosina. Addio.
1° Citt. Ciò parmi strano.
2° Citt. Se dovessi dargli ancora il voto... ma non importa.
(escono; ed entrano due altri Cittadini)
Marz. Pregovi, se da voi dipende il mio consolato, vedete... indossai l’abito di costume.
3° Citt. Voi avete servito nobilmente il vostro paese, e non lo avete servito nobilmente.
Marz. Che è questo enimma?
3° Citt. Siete stato il flagello de’ suoi nemici, ma eziandio degli amici suoi. Mai non amaste il popolo.
Marz. Dovreste riputarmi tanto più virtuoso, quanto meno fui prodigo della mia amicizia; ma, poichè lo volete, e poichè questo vi piace, adulerò il popolo, e giurerò che i plebei li ho in conto di fratelli, onde ottener da essi maggiore stima; e poichè, nella saviezza loro, preferiscono la vuota formola d’un saluto ai veri sentimenti del cuore, simulerò quelle sembianze