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atto primo | 41 |
vita ch’era indegno di conservare. Ch’ei mantenesse intelligenze coi ribelli, o soccorresse nascosamente Norvegio, ben non saprei dire; ma che tramasse la ruina del tuo paese, non v’ha più alcuno che lo ignori, e il delitto capitale sarà con pena capitale scontato.
Macbeth (fra sè). Thane di Glamis e di Cawdor! Poi... (rimane alcuni istanti assorto in profonda meditazione, quindi si volge ad Angus e a Rosse) Grazie, signori, della vostra imbasciata. (a Banquo con voce sommessa) Non credete voi ora che i vostri figli diverranno re? Le stesse donne che me salutarono Thane di Cawdor, promisero a’ vostri figli un trono.
Banquo. La dignità che v’è conferita, può infiammare le vostre speranze, ed elevarle sino alla corona; ma riflettete assai in prima al nostro incontro strano. Spesso, per condurne al precipizio, i figli delle tenebre ci allettano con qualche verità, e ne abbandonano poscia sulla lubrica via scornati e maledetti. (a Rosse e ad Angus) Cugini, una parola.
Macbeth (invasato ne’ suoi pensieri). Già due vaticinii compiuti, due... e un terzo che seguir dee, vaticinio d’un trono. Questa istigazione soprannaturale da qual potenza mi venne essa? Questa soprannaturale profezia è ella rea, o innocente? Se rea, perchè darmene ad arra una predizione che dopo sì brevi istanti si compie? Se innocente, perchè, ad essa abbandonandomi, mi si dirizzano i capelli sulla testa, e il cuore mi batte con tanta feroce violenza? L’infame azione stessa al momento di attuarla è meno orribile, che spaventoso non ne sia il disegno all’atterrita immaginativa. Il pensier mio, che solo spazia fra gli orrori d’un omicidio ideale, ha commosso con tal forza tutto il mio essere, che ogni facoltà è soffocata sotto un peso che non esiste... e che forse mai non esisterà.
Banquo (come sopra). Mirate in qual meditazione è assorto il mio compagno!
Macbeth (come sopra). No, no: se la fortuna vuol farmi re, che essa mi coroni... ma io non le muoverò incontro; io non farò un passo.
Banquo (come sopra). I lieti onori, di cui fu rivestito, furon simili a vestimenti nuovi, che bene non s’adattano alla persona che col trascorrer del tempo.
Macbeth. Avvenga che può: la vita scorrerà egualmente rapida anche nel giorno del dolore.
Banquo. Prode Macbeth, aspettiamo gli ordini vostri.
Macbeth. Valgami il vostro favore: i miei pensieri erravano fra cose terribili, che omai sono dimenticate. Onorandi signori, i