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atto secondo | 127 |
gola la più tersa delle pezzuole, sale alla cima dei muri per riguardarlo. Il popolo trae a calca nelle botteghe, nelle finestre, sui tetti, nè altro ha in vista che Marzio. I sacerdoti solitarii di Giove istesso abbandonarono il loro ritiro, e confusi alla moltitudine, commuovonsi e si sospingono per ottenere un buon posto. Le signore espongono i gigli e le rose delle delicate loro guancie agli avidi baci del Dio del giorno, che appassisce e consuma i loro vezzi. Acclamazioni e tumulti regnano d’intorno a lui, e si direbbe che un Nume si ascondesse nel suo petto e spandesse su’ suoi lineamenti e nel portamento suo le grazie degli immortali.
Sic. Ei diverrà tosto console, ve ne fo fede.
Br. La potenza nostra in tal caso, finchè durerà la sua carica, potrà riposare.
Sic. Ei non conoscerà mai fra gli onori quella civile moderanza che sa il termine da cui convien dipartirsi e quello ove è d’uopo fermarsi. Tutto perderà, se ha guadagnato tutto.
Br. Quest’è la speranza che ne consola.
Sic. Non ne dubitate. Il popolo di cui siamo il sostegno, incostante sempre e maligno, obblierà alla prima occasione tutti i nuovi onori che oggi gli caggiono addosso, e lo costringerà a spogliarsene da se medesimo.
Br. Lo intesi giurare, che, se voleva il grado di console, non però avrebbe mai acconsentito a farsi vedere in pubblico coperto coll’umile manto dei candidati; e che sdegnava di mostrare, com’è uso, ai plebei le sue ferite, per mendicare, diceva, i suffragi delle loro voci fetenti.
Sic. Bene sta.
Br. Furono le sue parole. Oh! rinunzierà piuttosto a quella dignità, anzichè non doverla che ai cavalieri ed al Senato.
Sic. Persista nel suo proposito, lo compia, e di meglio non chieggo.
Br. Pare che così farà.
Sic. Allora tutto quel che gli auguriamo avrà effetto: la sua ruina è inevitabile.
Br. Convien ch’ei cada, o perderemo la nostra autorità. Per arrivare ai nostri fini, non cessiamo di rappresentare al popolo qual odio Marzio ha sempre nudrito per lui; come tutti gli sforzi ha fatto per aggravargli sul collo il giogo, per impor silenzio ai suoi difensori, per ispogliarlo de’ suoi più cari privilegi; qual disprezzo nutre per esso, a cui non concede nè ragione, nè umane facoltà; e che, secondo i suoi occhi, non occupa posto più ono-