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coriolano — atto secondo 123

volmente soccorsi: altrimenti le vostre opere sarebbero misere cose; chè troppo fanciulleschi sono i vostri ingegni, perchè poteste far molto da voi soli. D’arroganza parlate? Ah! se poteste volger gli occhi indietro e contemplarvi, se poteste far di voi un giusto esame, oh allora...

Br. Ebbene, allora?

Men. Allora vedreste una coppia d’immeritevoli, violenti, orgogliosi, stolti magistrati, se mai ne furono in Roma.

Sic. Menenio, voi ancora siete noto abbastanza.

Men. Son noto come un gioviale patrizio, che ama una tazza di vino quando non vi sia stata trasfusa una sola stilla di Tevere, che ha, dicesi, il difetto d’accoglier troppo favorevolmente le lagnanze del popolo, di lasciarsi commuovere dal suo più lieve tumulto, e d’infiammarsi per lui. Può aggiungersi ancora, che più spesso m’accade di vedere il nero dorso della notte, che la ridente fronte dell’alba. Ma tutto quel che io penso lo dico; e la mia malvagità si sperde in parole. Allorchè io incontro due uomini di Stato come siete voi, mi è impossibile chiamarli Licurghi. Se il vostro consorzio mi fastidisce, se il liquore che mi mescete mi amareggia la bocca, io lascio veder sul mio volto la nausea da cui son preso. Augusti tribuni, io non so inebbriarmi ai vostri discorsi quando scorgo che un ciuco dotato della parola avrebbe parlato come voi; e sebbene tolleri che taluno dica che siete persone di pondo e degne di osservanza, non posso però astenermi dal dare una mentita all’adulatore che osa asserire che avete la fisonomia d’uomini probi. Se ugualmente voi vedete nella mappa del mio individuo, ne trarrò che son ben conosciuto. Ciechi tribuni, nelle vostre maligne osservazioni quali difetti scerneste in me per poter dire ch’io pure sono abbastanza conosciuto?

Br. Ite, ite, signore; assai vi comprendiamo.

Men. Voi, nè me comprendete, nè voi stessi, nè alcuna cosa. La vostra ambizione è avida di plausi e delle genuflessioni d’un popolo cencioso. Voi sperdete la maggior parte del dì ad udire i piati d’un venditor di cedri con una rivendugliola di zolfanelli, e rimettete ad una seconda udienza la decisione di sì importante litigio. Quando sul vostro tribunale sedete giudici fra due parti, se per disavventura un lieve assalto di colica viene a tormentarvi, i vostri volti si trasmutano in vere maschere, uscite di voi; e obliando ogni ritegno, rimandate i contendenti più fieri che prima nol fossero, colla causa più di prima avviluppata, apostrofandoli entrambi come malandrini o stolti. Siete, in verità, una strana coppia.