Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/478


atto quinto 91


Or. Quell’uomo rassomiglia all’uccello che fugge dal nido con la conchiglia dell’uovo ancora sul capo.

Am. Egli è sì civile, che fece al certo un complimento al seno di sua madre prima di suggerne il latte. Simile a mille altri idoli di un secolo corrotto, ha preso il tuono del giorno; un far facile e leggero, una specie di spuma vivace dello spirito che inebbria in principio, e sorprende la stima degli uomini più sensati; ma che, scrutata addentro, trovasi vuota come la bolla di sapone che si sperde al primo soffio.     (entra un gentiluomo)

Gen. Signore, Sua Maestà si è raccomandata a voi col mezzo del giovine Osrico, che gli ha reso per risposta che l’avreste aspettato in questa sala. Ei mi manda per sapere se volete provarvi tosto con Laerte, o ritardar l’assalto.

Am. Sono costante nelle mie risoluzioni, che trovansi sottomesse al piacere del re. Se quest’ora è a lui congrua, lo è a me pure; questa o ogni altra, purchè mi trovi ben disposto, come adesso.

Gen. Signore, il re e la regina verranno con tutta la corte.

Am. Bene sta.

Gen. Prima dell’assalto la regina desidererebbe che indirizzaste a Laerte alcune parole benevoli e graziose.

Am. L’insegnamento è ottimo.                                   (il Gen. esce)

Or. Voi perderete questa scommessa, principe.

Am. Non lo credo. Da che egli è in Francia mi sono continuamente esercitato, e vincerò. Ma non puoi credere quali angoscie opprimano il mio cuore... se mi fermassi ad una idea...

Or. Quale idea, mio buon signore?

Am. Follia, follia. — E’ sono presagi buoni ad atterrir le femmine.

Or. Se la vostr’anima prova qualche ripugnanza, obbedite a sì fatta impressione. Preverrò l’arrivo del re e della corte dicendo che non siete ben disposto.

Am. No, no, disprezzo questi cattivi presentimenti. Un passero non cade dall’aria senza ordine speciale della Provvidenza. Se la mia ora è venuta, venir non debbe; se venir non debbe, è venuta; e se non adesso, verrà; l’arduo è nell’esservi parato. Poichè niun uomo sa, abbandonando la vita, quel ch’ei lasci nell’avvenire, che importa il morir prima o dopo? Passiamo oltre. (Entrano il Re, la Regina, Laerte, Osrico, Gentiluomini e seguito, con fioretti, ecc.)

Re. Venite, Amleto, venite, e prendete questa mano che vi presento.     (gli fa stringere la mano di Laerte)