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88 | amleto |
Am. Ho supposto una preghiera del re delle più incalzanti, indirizzata al monarca della Gran Bretagna, siccome a suo fido vassallo, con promessa che la loro mutua amicizia crescerebbe e fiorirebbe ormai come la paglia; che la pace avvincerebbe i due Stati colla sua ghirlanda di spiche, e stringerebbe fra essi nodi di unione durevole; con mille altre frasi di tal fatta, e mille proteste solenni... esigendo che all’apertura dei dispacci, e senza alcun altro esame, ei facesse morire di morte subitanea chi li portava, senza dar pur loro il tempo della confessione e del pentimento.
Or. Come poteste suggellare tal comando?
Am. Oh! fu ancora l’opera d’una provvidenza celeste. Portavo meco lo stemma di mio padre che servì di modello ai suggelli dello Stato. Piegai quindi lo scritto nella stessa forma dell’altro, e v’apposi il medesimo indirizzo e le stesse armi. Dopo ciò lo riportai nel primo luogo senza che alcuno avveduto si sia del cambiamento. All’indimani avemmo quella mischia, e tu conosci il resto.
Or. Onde Guildensterno e Rosencrantz se ne vanno a morte.
Am. Non brigarono tal commissione? Amico, la mia coscienza non mi rimprovera nulla per loro. Da loro medesimi han cercata tal sorte. Pericoloso è pei vili il frapporsi alle spade incrociate e furiose di due potenti avversarii.
Or. Qual re! gran Dio!
Am. Credi tu che a me non tocchi ora di pensare al resto? Un uomo che ha avvelenato mio padre, e disonorata la madre mia; che, arrampicandosi sul trono, ha usurpato il mio seggio e le mie speranze, che ha attorniato di lacci la mia vita, e mostrata sì indegna perfidia..... Sì..... non sarà giustizia s’io il punisco con questa mano? Non sarebbe delitto il lasciare tal mostro, obbrobrio della nostra specie, vivere per nuovi misfatti?
Or. Gli verrà scritto in breve dalla Gran Bretagna l’esito della sua frode.
Am. Fra poco; ma intanto il tempo è mio, e la vita di un uomo non dipende che da una parola. — Caro Orazio, sono veramente afflitto d’aver trasceso con Laerte; perocchè veggo nella mia causa l’immagine e la giustizia della sua; vo’ riacquistarne l’amicizia; oltraggiato mi credei dall’ostentazione del suo dolore: e fu per ciò solo che la mia collera si portò a quell’eccesso.
Or. Taciamoci; chi viene? (entra Osrico)
Ors. Rendo grazie al Cielo del ritorno di Vostra Altezza in Danimarca.
Am. Vi son grato, signore. — Conosci (a Or.) questa zanzara?