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Ofelia, siano la felice cagione del delirio di Amleto. Avrei così la speranza che le vostre virtù potessero ricondurlo al suo stato ordinario con grand’onore d’entrambi.
Of. Signora, desidero che ciò accada. (la Reg. esce)
Pol. Ofelia, restate qui. — Grazioso Sire, se vi piace, andiamo ad appiattarci. — Prendete questo libro (ad Ofelia) e leggete; l’onestà di tale occupazione darà un colore alla vostra solitudine. — Spesso noi abbiamo rimproveri da farci; e non è che troppo provato che col volto della devozione e l’aspetto della pietà tentiam di ingannare anche il demonio.
Re. (a parte) Oh ciò è troppo vero! Qual dardo velenoso tale riflessione immerge nella mia coscienza! La guancia imbellettata d’una vecchia meretrice non è più odiosa, scevra del rosso che la colora, che nol sia il mio delitto veduto in tutta la sua orrenda nudità. Oh pesante fardello!
Pol. L’odo venire; ritiriamoci, signore.
(esce col re; entra Amleto)
Am. Essere o non essere, ecco il gran problema... ma è più nobile all’anima il patire i colpi dell’ingiusta fortuna, o ribellandosi contro tanti mali, opporsi al torrente e finirli? Morire... riposare... null’altro, e con tal sonno, dire: noi poniamo un termine alle angoscie della vita, e a quella seguenza interminata di dolori che sono retaggio della carne... tal porto, ove tutto cessa, dovrebbe essere desiderato con ardore... — Morire... riposare... Riposare? Sognar forse; ecco l’idea terribile! — Quali sogni sopravverranno in quel letargo di morte? Spogliati di questo inviluppo mortale, qual’altra vita rimane?... Questo dubbio è quello che dà sì lunga durata all’infortunio:... perocchè qual uomo vorrebbe sopportar le ingiurie del tempo, le ingiustizie dei tiranni, gli oltraggi de’ superbi, le torture dell’amore disprezzato, le cabale della legge, l’insolenza dei grandi, e i rabbuffi infami che la virtù paziente tollera dai viziosi oppressori; allorchè con un breve ferro potrebbe procacciarsi il riposo? Chi vorrebbe sopportare tante some, e sudare e gemere sotto il peso di una laboriosa vita, se il timore di un avvenire dopo morte... paese sconosciuto da cui niun viaggiatore ritorna... non immergesse gli spiriti in una spaventosa perplessità, facendone preferire il patimento di angoscie che sopportiamo, al fuggire verso altre angoscie tuttavia ignote? Così la coscienza ci rende vili; e tutto il fuoco della risoluzione più ferma si scolora e si annienta dinanzi alla pallida luce di questo pensiero. Le imprese concepite colla maggiore energia, deviano a tal considerazione dal deter-