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atto secondo 41


Pol. Venite, signori.                         (esce con alcuni Com.)

Am. Amici, seguitelo. Vedremo oggi una delle vostre rappresentazioni. — Odi, mio vecchio amico, potresti tu recitarne la tragica morte di Gonzago?

Com. Potrei, signore.

Am. Ebbene, apparecchiati a farlo dimani sera. Saprai anche imparare a memoria, spero, dieci o dodici versi che inserirò nella tua parte. Di’, nol saprai?

Com. Così ciò mi valga la grazia vostra, signore.

Am. Bene. Seguite quel gentiluomo e non vi beffate di lui lungo la via. (escono i Com.) Miei buoni amici, (a Ros. e Guil.) vi lascio; ci rivedremo stanotte. Siate intanto i benvenuti ad Elsinoro.

Ros. Mio buon signore!

Am. Dio sia con voi. — (escono Ros. e Guil.) Eccomi alfine solo. — Oh qual uomo indegno e insensibile io sono! Non è egli mostruoso che, per una sventura imaginaria, per un vano sogno di passioni, quel commediante esalti la sua anima al livello della sua imaginazione e ne dipinga tutti i moti sull’infiammato suo volto? Occhi umidi di pianto; dolore scolpito sopra ogni lineamento; voce interrotta da singhiozzi; gesto patetico e conforme allo stato in cui finge essere, e tutto ciò per nulla! — Per Ecuba! Che ha egli di comune con Ecuba? Che cosa è Ecuba per lui perchè le dia così le proprie lagrime? Che farebbe dunque se fosse al mio luogo? Se dovesse compiere, come me, una parte di dolor vero, egli inonderebbe il teatro de’ suoi pianti; spaventerebbe l’orecchio degli spettatori colle sue grida e co’ suoi gemiti; recherebbe il terrore nel cuor del colpevole; farebbe impallidire l’innocente; empirebbe di stupore l’anima più volgare, e presenterebbe agli occhi e all’orecchio un oggetto meraviglioso di orrore e di compassione. Ed io, melanconico e stolto pensatore, inerte e grave volume di materia, io resto muto, senza sentimento della causa che debbo vendicare, e nulla dico.... nulla per un re che ha perduta la corona e la vita pel più nero tradimento! — Son io adunque un vile?... Chi osa chiamarmi traditore? Chi osa smentirmi? Chi insultarmi e coprirmi d’obbrobrio?... E nondimeno il patirei: perocchè è impossibile ch’io non abbia un cuor vile; che il mio sangue non sia agghiacciato entro le mie vene, lasciando assopire così entro di me il sentimento della vendetta, forte del quale avrei diggià abbandonato agli avoltoi il corpo dello scellerato. — Oh perfido assassino! Vile incestuoso! Anima senza rimorsi! Traditore empio! Qual uomo