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atto secondo 35


Ros. Così non crediamo, signore.

Am. Per voi nol sarà; perocchè nulla è bene o male fuorchè per la nostra imaginazione; ma per me è una prigione.

Ros. La vostra ambizione ve la farà sembrar tale; che troppo angusta sarà per la vostr’anima.

Am. Ah Dio! potrei essere annicchiato nel cavo d’un albero e credermi re di un immenso spazio se turbato non fossi da sogni funesti.

Guil. E tali sogni sono appunto quelli dell’ambizione; perocchè la sostanza di cui si pasce l’ambizioso non è che l’ombra di un sogno.

Am. Un sogno non è ugualmente che un’ombra.

Guil. Certo; ed estimo l’ambizione sì vana e sì leggiera che non la reputo appunto che l’ombra di un’ombra.

Am. Onde i nostri mendichi son corpi; e i nostri re e i nostri grandi eroi non ne divengono che le larve. Andiamo in Corte? Poichè, in fede, non mi sento in istato di ragionare.

Ros. e Guil. Vi seguiremo, signore.

Am. No: non vo’ porvi nel novero de’ miei servitori; perchè, a parlarvi onesto, ne ho di terribili intorno a me. Ma palesatemelo colla schiettezza dell’amicizia: che veniste a fare ad Elsinoro?

Ros. A vedervi, signore; non ad altro.

Am. Oh sfortunato ch’io sono, povero mi trovo anche di ringraziamenti; ma abbiateveli, quali che si siano, sebbene in verità, miei amici, per quanto poco cari vengano estimati, lo saran sempre di troppo. — Ma mandati non foste qui? Veniste spontanei? Ditelo ingenuamente; su via, parlate.

Guil. Che possiamo dire, signore?

Am. Tutto; ma al proposito. — Voi foste qui inviati, ne veggo la dichiarazione nei vostri occhi e non avete bastante artificio per dissimularla. So che foste mandati dal nostro buon re e dalla regina.

Ros. A qual fine, signore?

Am. Voi vel saprete; non io. Ma vi scongiuro, per tutti i dritti dell’amicizia; per la conformità dell’età nostra; pei doveri di un inviolabile affetto; pei nodi infine più cari che possansi attestare, d’essere aperti e sinceri con me; dite se foste mandati qui.

Ros. (a Guil.) Che rispondete a ciò?

Am. La confessione ne ho di già nei vostri sguardi. Se mi amate, non li contraddite.

Guil. Ebbene, signore, è vero; fummo mandati.